Crisi di governo: a rischio assunzioni e stabilizzazione precari, stop salario minimo

Bloccati provvedimenti e decreti in favore delle fasce più deboli della popolazione presentati dai ministri del movimento 5 Stelle e determinare gravissime conseguenze sul piano economico e sociale.

La crisi di governo potrebbe determinare effetti devastanti sul piano economico e sociale. Tanti provvedimenti e decreti riguardanti migliaia di lavoratori, precari e disoccupati rischiano di essere cancellati con un colpo di spugna. Devastante potrebbe rivelarsi l’esercizio provvisorio, uno strumento che autorizza lo Stato a spendere ogni mese un dodicesimo di quanto autorizzato. In poche parole, si divide per dodici la spesa del 2019 e ogni mese si può spendere solo questo quantitativo.

Rischia di aumentare l’Iva – La prima conseguenza sarebbe quella di un aumento dell’imposta sul valore aggiunto: secondo quanto previsto dalla legge di bilancio 2018 l’Iva ordinaria passerebbe dal 22% al 25,2% e quella agevolata dal 10% dal 13%. Per evitare l’aumento dell’Iva l’esecutivo in carica dovrebbe trovare 23 miliardi di euro e approvare un decreto legge – da sottoporre però anche alla Commissione Europea – per sospendere le clausole di salvaguardia.

A rischio assunzioni nella scuola e decreti in favore dei precari – Rischiano di essere bloccate 53 mila assunzioni nella scuola,  i decreti e i provvedimenti in favore di 2600 precari Apu(attività pubblica utilità), i rider( gli addetti alla consegna a domicilio)

Bloccata la legge per il  salario minimo, la regolarizzazione delle aperture dei negozi la domenica e nei giorni festivi.

Lavoratori Aziende in crisi  – Fermo il decreto legge imprese, infatti, stanzia le risorse per aiutare i lavoratori delle aree in crisi industriale complessa (che si trovano in regioni come Sardegna e Sicilia), per la cassa integrazione e altro. Senza decreto non ci sarebbero le risorse per sostenere i dipendenti delle aziende in difficoltà.

A rischio annullamento 159 tavoli di crisi-vertenze presso il Ministero dello Sviluppo – Complessivamente sono tra i 200 e i 280 mila, a seconda delle stime, i lavoratori la cui azienda si trova in crisi, e di questi 46 mila strettamente dipendenti da una qualche forma di intervento pubblico.

Resta alta l’attenzione dei sindacati anche sulla complessa vertenza dei lavoratori ex Mercatone Uno (1.800 posti di lavoro in bilico). Il primo agosto si è svolto al Mise l’incontro che ha avuto solo carattere informativo tra le federazioni di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs e i commissari straordinari.

Non accenna a trovare una soluzione nemmeno la vertenza che riguarda la Whirlpool. Anche in questo caso è attivo un tavolo al Mise per scongiurare la chiusura del sito di Napoli, dove lavorano 430 persone. Nell’ultimo incontro, che si è tenuto il 24 luglio, si era aperto qualche spiraglio.

Da non tralasciare, infine, le vertenza Jabil (che ha annunciato 350 licenziamenti su 700 adetti dello stabilimento di Marcianise, ultimo presidio italiano delle multinazionale Usa). E Almaviva Palermo: sul call center siciliano, l’ultimo incontro si è tenuto al Mise il 31 luglio. Anche in questo caso i sindacati lamentano l’assenza del titolare del dicastero e non è stata trovata ancora alcuna soluzione per scongiurare il licenziamento di 1.600 persone.

Poi ci sono i rider, che da tanto tempo attendono delle norme che consentano di avere un’assicurazione, una pensione e dei diritti. Insieme alle norme che modificano le tutele per i manager dell’ex Ilva, in chiave restrittiva. E’ tutto nel decreto legge imprese, insieme alle misure per l’assunzione dei dipendenti Anpal, che servono al reddito di cittadinanza. Stessa fine potrebbe fare anche quota 100, una modifica ‘sperimentale’ alla legge Fornero che, per poter essere utilizzata anche in futuro dagli aspiranti pensionati, ha bisogno di essere confermata.

Salario minimo e chiusure domenicali – E infine ci sono le norme in discussione da tempo, come quelle contenute nel disegno di legge che prevede l’introduzione del salario minimo, che corrono il rischio di ritrovarsi, come nel gioco dell’oca, a dover ripartire da zero. A queste vanno aggiunti anche il provvedimento sul taglio dei parlamentari, che deve essere votato alla Camera e che Di Maio vuole attuare prima della caduta del Governo, e la legge sulla regolarizzazione delle aperture dei negozi la domenica e nei giorni festivi.

 

 

 

 

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