Corte Costituzionale al Parlamento: entro un anno la legge sulla diffamazione a mezzo stampa

I Tribunali di Salerno e di Bari hanno sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, con riferimento, in particolare, all’articolo 21 della Costituzione e all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Corte costituzionale ha concesso un anno di tempo al Parlamento per approvare una legge sulla diffamazione a mezzo stampa, attualmente punita con il carcere per i giornalisti. E in particolare per rimodulare il bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona. Un intervento che è diventato “urgente” alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, e che “spetta in primo luogo al legislatore”. Così i giudici del Palazzo della Consulta hanno deciso di rinviare al 22 giugno dell’anno prossimo la trattazione delle questioni sollevate dai Tribunali di Salerno e di Bari sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, esaminate oggi prima in udienza pubblica, con la partecipazione delle parti (tra cui l’Ordine dei giornalisti), poi in camera di consiglio. “Quando si parla di una così intollerabile e anacronistica sanzione come il carcere ai giornalisti ci vorrebbe una cancellazione secca della norma, ma il segnale della Corte Costituzionale è molto forte” commenta il presidente del Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti Carlo Verna, che esprime soddisfazione per “la perentorietà con cui i giudici delle leggi hanno investito il Parlamento” e rilancia: “questa deve essere l’occasione per una nuova legislazione per il giornalismo che sanzioni anche le iniziative giudiziarie temerarie contro la libertà di stampa“. Non è la prima volta che la Corte ferma una sua decisione per dare il tempo al Parlamento di legiferare. Lo aveva fatto per la prima volta in occasione del caso del Dj Fabo e anche in quel caso aveva invocato il principio di “leale collaborazione” tra istituzioni richiamato anche stavolta. E quando quell'”ultimatum” era scaduto inutilmente, aveva pronunciato la sua sentenza. I tribunali di Salerno e Bari ritengono che la pena detentiva per la diffamazione a mezzo stampa sia in contrasto soprattutto con l’articolo 21 della Costituzione. E che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sia anche incompatibile, in quanto eccessiva e sproporzionata, con la libertà di espressione tutelata dall’articolo 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo. La soluzione delle questioni prospettate, spiega un comunicato dell’ufficio stampa della Consulta diffuso in attesa dell’ordinanza che sarà depositata nelle prossime settimane, richiede “una complessa operazione di bilanciamento” tra due “diritti di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale”, cioè la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, che non può più essere rinviata. Un’impellenza determinata dalla giurisprudenza della Corte Ue. La Consulta ha preso atto che attualmente in Parlamento sono pendenti “vari progetti di legge in materia”. Di qui la decisione di rinviare la trattazione delle questioni all’udienza pubblica del 22 giugno 2021 “per consentire alle Camere di intervenire con una nuova disciplina della materia”. Sino ad allora restano sospesi i procedimenti penali nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni di legittimità.

Sindacato giornalisti e Federazione nazionale della Stampa: “E’ un importante passo in avanti –La Corte Costituzionale rimette al Parlamento la soluzione dell’annosa questione della cancellazione della pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Tocca alle Camere intervenire entro un anno, contemperando l’esigenza di rafforzare la libertà di stampa e il diritto di cronaca, cancellando dall’ordinamento il carcere per i giornalisti, con il diritto alla reputazione e all’immagine. È una decisione che affida al Parlamento la responsabilità di decidere, esattamente come è avvenuto di recente anche sulla regolamentazione del fine vita”. Lo affermano, in una nota, la Fnsi e Sindacato dei giornalisti della Campania che sottolineano l'”importante passo avanti” fatto. “La volontà politica, espressa dal Governo e dalla maggioranza parlamentare e recentemente ribadita in incontri con i vertici della Fnsi, lascia intravedere una soluzione positiva, anche se restano da definire alcuni aspetti – spiegano – A cominciare da quello delle sanzioni pecuniarie. Somme troppo elevate, senza dare la possibilità ai giudici di valutare le condizioni economiche del giornalista e la situazione dell’impresa editoriale, avrebbero lo stesso effetto dissuasivo del carcere e finirebbero inevitabilmente per esporsi alle censure della Corte Edu”. “Per questa ragione la Fnsi porterà avanti il confronto con Governo e Parlamento per giungere ad una soluzione in grado di bilanciare tutti gli interessi in gioco. Di certo, la decisione della Consulta, dinanzi alla quale il sindacato dei giornalisti era rappresentato dal Sindacato dei giornalisti della Campania, segna un importante passo avanti”, concludono.

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