Coronavirus, sciopero operai Tnt e Porto di Napoli: “Se lavoriamo allora possiamo scioperare”

Riceviamo e pubblichiamo

Oggi scioperi ed astensioni dal lavoro anche a Napoli dove si sono incrociate le braccia alla Tnt di Teverola, alla Tnt di Casoria ed in alcune aziende del Porto di Napoli. L’azione di sciopero è del Sicobas che ha lanciato due giornate di mobilitazione per il 30 aprile e il 1° maggio

“Se posso lavorare allora posso organizzarmi e lottare”.

Questo il contenuto della mobilitazione nazionale. Quella che il Governo ha chiamato fase 1 ha visto la chiusura soltanto di una piccola parte delle aziende, che, col metodo delle autocertificazioni, ha continuato l’attività produttiva (1800 imprese nella bergamasca, 2980 a Brescia, di cui 317 del settore aerospaziale e armamenti).

Questo ha comportato un enorme aumento dei contagi e dei decessi nelle aree più industrializzate del nord.

Milioni di lavoratori trattati come carne da macello da Confindustria, Confetra e dalle altre associazioni padronali, con la complicità del Governo, che ha fornito loro la scappatoia per sottrarsi alla chiusura, e l’avallo di un accordo-farsa firmato con i sindacati confederali.

Come S.I. Cobas ci siamo opposti a questa politica criminale, a difesa della vita e della salute di tutti i lavoratori e le lavoratrici, attraverso l’astensione dal lavoro in tutte le filiere non essenziali e la rivendicazione sistematica di dispositivi e provvedimenti di protezione in quelle essenziali (sanità e alimentari).

Oggi il Governo si appresta a varare la fase 2, riaprendo progressivamente i settori rimasti chiusi.

Ma nel frattempo per migliaia di lavoratrici e lavoratori

L’emergenza continua e le condizioni di vita e di lavoro peggiorano giorno per giorno.

Pur essendo riusciti a strappare con le nostre lotte risultati parziali ma essenziali come l’anticipo della Cassa Integrazione da parte delle aziende, queste ultime, forti del decreto del Governo sull’accordo con le banche, cercano di rimangiarsi gli impegni sottoscritti laddove possono, come ad es. all’Hotel Bristol, dove le lavoratrici sono da più di un mese senza salario e senza Cassa Integrazione.

Per i lavoratori, la fase che si prospetta è tutt’altro che il “ritorno alla normalità”.

Sarà l’avvio di un inasprimento dell’attacco padronale, che facendo leva sulla crisi economica innescata dalla pandemia, si muoverà con ancora maggiore determinazione per imporre più sfruttamento sui posti di lavoro e una limitazione di tutti i residui “diritti”, a partire dal diritto di sciopero che sempre più spesso è messo in discussione come un attentato alla “sicurezza nazionale”.

Il governo Conte (o quello che lo sostituirà, se i padroni cercheranno nuovi equilibri) fornirà il coordinamento e l’appoggio per l’offensiva del fronte padronale, scaricando sui lavoratori il peso dell’enorme aumento del debito pubblico, i cui benefici andranno in misura preponderante alle aziende, e accentuando la repressione contro le lotte e il malcontento sociale che comincia a serpeggiare, soprattutto fra la massa crescente dei disoccupati, dei lavoratori in

nero senza alcuna protezione, dei precari.

Lavorare a rischio della nostra salute e della nostra vita e chiuderci in casa finito il lavoro è la prospettiva che ci vogliono imporre e che dobbiamo respingere da subito con la lotta e l’organizzazione, contrastando padroni e governo a partire dalle rivendicazioni immediate.

Battiamoci per imporre:

Pagamento immediato della cassa integrazione per tutti i lavoratori in Lock down;

No all’apertura indiscriminata delle aziende. Dispositivi di protezione di qualità e in quantità sufficiente. Misure di protezione reali e verificabili.  

Tamponi sistematici per tenere sotto controllo realmente l’evoluzione del contagio

Libertà di organizzazione e di sciopero sui posti di lavoro secondi il principio “Se posso lavorare allora posso organizzarmi e lottare£

S.I. Cobas

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