Coronavirus, Napoli: lo Stato gli chiude il ristorante, il padrone lo sfratta

 

Riceviamo e pubblichiamo integralmente

Agire in giudizio contro un imprenditore che si è visto chiudere l’attività per la tutela della salute pubblica, per il recupero del singolo canone di locazione-morosità, quando perdi la possibilità di portare avanti una attività frutto di tanti anni di sacrifici e fonte di lavoro per dipendenti e le loro famiglie perché un locatore intende invece cacciarti via senza consentire che il povero imprenditore abbia possibilità di “contenere le perdite” aderendo al finanziamento garantito dalla Stato, così come disposto dal decreto Cura Italia, tutto ciò come può essere definito? I nodi stanno venendo al pettine.  Dopo il lockdown tutto ritornerà peggio di prima perché il Governo non ha adottato provvedimenti legislativi validi ed efficaci capaci di fronteggiare i concreti problemi che una crisi economica reca con sé. Ed è successo, sta succedendo a imprenditori come al proprietario di un ristorante napoletano, di Agnano, un ristorante braceria che lavora da trent’anni, tra mille difficoltà, ma ha sempre resistito. E’ successo che un giorno dopo che il premier ci ha comunicato in diretta nazionale che i ristoranti potranno aprire il 1 giugno 2020, che gli italiani devono fare altri sacrifici, che potranno avere malcontento, nervosismo ma che dovranno “aspettare”, al proprietario del ristorante napoletano viene notificato dal locatore in data 27 aprile, una intimazione di sfratto per morosità perché a marzo non è stato in grado di pagare il canone di locazione, non lo potrà pagare anche ad aprile, motivo per cui deve andarsene dal locale. Nessun Decreto o decreto del presidente del consiglio dei ministri potrà aiutare questo imprenditore, non vi è disposizione che impedisce il configurarsi di un inadempimento contrattuale o una morosità, nessuna norma in deroga è stata adottata (un DCPM può fare poco secondo la gerarchia delle fonti), il locatore può avviare la procedura di sfratto. Il Decreto Cura Italia, si dirà, ha concesso il credito di imposta, ha concesso la sospensione della esecuzione dello sfratto ove un Giudice lo concedesse, si è vero  ma agire nei confronti di un imprenditore piegato in due da questa emergenza, che non può fare nulla per aprire, per guadagnare, per pagare, che il prossimo 10 giugno un giudice potrà mandare via dalla sua attività è immorale. L’imprenditore non è riuscito nemmeno in tempo a chiedere o a ottenere il contributo del Decreto Salva Italia, non c’ è tempo, il governo è troppo imbrigliato in una assurda burocrazia e i soldi non arrivano.  Questo noi legali dell’imprenditore ci sentiamo di dire in questo momento: è immorale! Non ci sono altri termini. L’Imprenditore perderà tutto se non pagherà una somma considerevole entro il 10 giugno, se non riuscirà ad onorare il suo debito, il Locatore non ha interesse per la tragedia che ha colpito l’Italia, il mondo intero, la nostra impresa, quella sana, quella libera e lecita. Il locatore vuole essere pagata, vuole costringere cos’ l’imprenditore a pagare! Una minaccia? un avvertimento?  Dopo il 10 giugno l’imprenditore non avrà le provviste sufficienti per pagare le morosità e  perderà quella possibilità di poter continuare a vivere dopo il COVID 19, perderà il proprio avviamento commerciale. E tutto ciò è immorale e qualcuno ne risponderà.

Avvocato Carla Marruzzelli Avvocato Fabrizio De Luca

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