Campania, truffa cassa integrazione. Centinaia di aziende ingannano l’Inps e sfruttano i lavoratori

Una frode allo Stato.  Servirebbero ispezioni della Guardia di Finanza, dell’Inps, controlli incrociati,

Centinaia di aziende private, tantissime del settore abbigliamento, tessile, edilizia, ristorazione della Campania, continuano a speculare utilizzando l’emergenza Coronavirus per collocare in cassa integrazione migliaia di persone, scaricando i costi sull’Inps e la collettività.Eppure, i loro bilanci sono attivi. Tantissimi lavoratori e lavoratrici pur lavorando non percepiscono lo stipendio. Le aziende  piuttosto che pagare e segnare la presenza hanno deciso di collocarli la  cassa integrazione, così lo stipendio viene pagato dall’Inps. Le richieste sono state avallate dagli accordi sottoscritti da alcuni sindacati, spesso sindacati di comodo o filoaziendali. Le imprese e gli enti avrebbero deciso la sospensione dei lavoratori e l’attivazione delle cassa integrazione senza motivi e giustificazioni.  Comportamenti irresponsabili. Sciacallaggio. Ci sono realtà dove si può lavorare per garantire il reddito e dare dignità ai lavoratori. Invece, sono stati lasciati a casa centinaia di lavoratori e di lavoratrici che percepiscono appena 400/500 euro al mese di cassa integrazione. E non mancano le truffe. Francesca, commessa di una nota catena di negozi di abbigliamento è stata “ufficialmente” collocata in cassa integrazione Fis, il Fondo di integrazione salariale ma continua a lavorare. “Non potevo rifiutarmi di lavorare, dopo la richiesta diretta di un superiore. L’azienda ci paga per le 20 ore a settimana che dichiara, ma io ne sto lavorando anche 60. Il resto arriva dall’Inps. Da marzo ad oggi avrei dovuto fare la cassa integrazione, ma in realtà ho lavorato tutti i giorni, anche se a stipendio ridotto”. Alcune aziende, consigliate dai soliti consulenti del lavoro, hanno deciso di far lavorare i dipendenti senza erogare salari, scaricando tutto sulle casse dell’Inps.  Luigi, lavora come cuoco in un ristorante nella provincia di Napoli che conta 9 dipendenti, tutti in cassa integrazione da marzo. Ma a maggio, quando l’attività ha riaperto con i soliti orari, la proprietà ha chiesto la proroga della Cassa: “Il nostro datore di lavoro ci paga per le 20 ore a settimana che dichiara, ma io ne sto lavorando anche 60. Il nostro titolare sta sfruttando la cassa integrazione per pagarci di meno. E mi ha addirittura chiesto di non andare in ferie in agosto perché, dice, c’è troppo lavoro, anche se poi non ha soldi per pagarmi regolarmente. Qualcosa non torna”. Il timore di perdere il lavoro in un momento così complicato frena le denunce. I sindacati continuano a tacere.   Intanto, imprenditori-speculatori continuano ad usare i soldi pubblici per pagare i lavoratori e le lavoratrici. Una frode allo Stato.  Servirebbero ispezioni della Guardia di Finanza, dell’Inps, controlli incrociati, la verifica del fatturato e delle buste paga. Servirebbero multe salatissime, provvedimenti punitivi esemplari.

Ciro Crescentini

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