Campania, 44  comuni senza servizi di depurazione

Record a Caserta con con il 61,2% di perdite, segue Salerno con circa il 55% Benevento con il 37% e Napoli con il 35%

Una serie di proposte da mettere al centro del confronto sul Servizio Idrico Integrato, perché la risorsa idrica diventi uno dei pilastri del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La Campania registra ancora ritardi nella depurazione mentre sulla dispersione dell’acqua si conferma una situazione critica e l’assenza di forti segnali di discontinuità col passato. Nella nostra regione sono 44 i comuni senza servizio di depurazione per una popolazione residente di 451.481. In particolare, in Campania i dati resi disponibili dall’Arpac, relativi ai controlli svolti nei primi nove mesi del 2020 sulle acque in uscita dagli impianti di depurazione, confermano la cronica criticità della situazione: su un totale di 145 controlli eseguiti nella regione, il 40% è risultato “non conforme”, con punte di non conformità del 67% per gli impianti della provincia di Benevento e Avellino e a seguire del 54% per quelli della provincia di Salerno del 35% per quelli della provincia di Caserta. Chiude la provincia di Napoli con il 17% dei controlli “non conforme” Poco meno della metà del volume di acqua prelevata alla fonte (45,5%) non raggiunge gli utenti finali a causa delle dispersioni idriche dalle reti di adduzione e distribuzione (fonte Istat). Per stimare le probabili dispersioni si calcola che la quota di acqua potabile immessa in rete e non consumata: il dato medio sulla dispersione dell’acqua nei capoluoghi di provincia presenta una fotografia con tante ombre. La situazione peggiore si registra a Caserta con il 61,2% di perdite, segue Salerno con circa il 55% Benevento con il 37% e Napoli con il 35%. Sono 117 gli agglomerati sottoposti a procedura di infrazione o condanna ( 49 nel distretto Calore Irpino, 8 Napoli, 7 Sarnese Vesuviano, 35 Sele, 18 Caserta. (fonte Commissario straordinario unico). Temi, denuncia e proposte sono state presentate da Legambiente Campania nel corso della prima edizione del “Forum Acqua: il Servizio Idrico Integrato in Campania e nel mezzogiorno” promosso dall’associazione ambientalista nell’ambito delle attività del progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD.

Nella discussione sul Piano nazionale ripresa e resilienza – dichiara Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – è necessario mettere in programma interventi realmente cantierabili e utili al Paese e ai cittadini, come i depuratori, gli acquedotti o le reti fognarie”. “Un Servizio Idrico Integrato sostenibile è centrale per andare nella direzione prevista dalle direttive comunitarie, in termini di disponibilità dell’acqua per le persone, di tutela della risorsa idrica e per un’efficace politica di adattamento al cambiamento climatico a partire dalle città – continua Imparato – Ma occorre intraprendere un percorso concreto di discussione tra tutti i soggetti coinvolti per avviare un processo virtuoso che coniughi investimenti, progettazione di qualità e innovazione”. “In Campania è necessario aprire una stagione della trasparenza sulla gestione della risorsa idrica, pianificando politiche di tutela che tengano dentro strategie di adattamento alla crisi climatica dalle città alle aree interne e concretizzando con cronoprogramma specificando i tempi della “grande opera” necessaria di disinquinamento dei corpi idrici superficiali a partire dal Fiume Sarno – conclude Imparato – L’impegno della nostra associazione continuerà nelle prossime settimane presentando osservazioni e contributi puntuali alla Proposta di Piano d’ambito dell’Ente idrico Campano sottoposta a consultazioni.”.

Anzitutto, secondo Legambiente, è fondamentale ridurre le perdite degli acquedotti, dando priorità alla rete di distribuzione cittadina, per contenere gli sprechi e diminuire i volumi prelevati all’origine; completare la rete fognaria e realizzare interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia, destinandole a impianti idonei che ne permettano il riutilizzo o la reimmissione nell’ambiente naturale in sicurezza; riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti, sottodimensionati e in difficoltà, e costruire gli impianti nuovi per porre fine alla cronica emergenza depurativa nel nostro Paese (che sta pagando multe di 60 milioni di euro all’anno), sviluppando anche sistemi innovativi e tecniche alternative (come la fitodepurazione, il riutilizzo delle acque reflue, piovane e industriali), per garantire il raggiungimento del buono stato ecologico delle acque entro il 2027 come previsto dalla Direttiva 2000/60; realizzare digestori anaerobici per il trattamento dei fanghi di depurazione con produzione di biometano; diffondere sistemi per la riconversione del sistema di irrigazione in agricoltura puntando alla microirrigazione a goccia, tale da garantire almeno il 50% del risparmio di acqua utilizzata.

Legambiente in occasione del Forum ha annunciato la presentazione delle osservazioni alla Proposta di Piano d’ambito dell’Ente idrico Campano sottoposta a consultazioni. Un piano che presenta criticità e lacune sulla trasparenza e accesso ai dati che, di fatto, impedisce la possibilità di disarticolare o aggregare dati per un’analisi più approfondita a livello territoriale e per varie categorie funzionali, gestionali e di investimento. Le difficoltà della ricognizione inducono a dedurre che il sistema di controllo è molto deficitario e che ancora non è completamente informatizzato. Inoltre, il Sistema Idrico Integrato (SII) registra una estrema frammentazione gestionale. Rilevante è anche la disarticolazione che molti Comuni hanno nella gestione differenziata della rete acquedottistica, degli impianti fognari e di quelli depurativi. Nel Piano si evidenzia che il termine gestori strutturati (21 operatori distribuiti nei vari Distretti) indica i soggetti che “a qualunque titolo ed indipendentemente dalla legittimità della gestione operano nel sistema idrico integrato con un’organizzazione aziendale di tipo industriale”. Questi 21 gestori strutturati inoltre “preferiscono” offrire i loro servizi soprattutto nella gestione acquedottistica e molto meno in quella delle fognature e della depurazione lasciando ai  comuni la gestione in economia per queste categorie. Siamo dunque ben lontani dal Ciclo Integrato dell’Acqua e occorre definire il ruolo dei gestori strutturati. Nel Piano si fa riferimento alla riduzione delle perdite in rete obiettivo primario delle azioni previste nel piano:il percorso di riduzione è però molto lento perché il Piano stima di passare dall’attuale 55% delle perdite al 32% nel 2030 e solo nel 2050 al 20%.

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