Borsellino, 24 anni senza verità: lo Stato coccodrillo celebra le vittime ma insabbia

Alle 16.58 in via D’Amelio le note del silenzio rievocano la strage: le agende rosse tornano a invocare giustizia per il magistrato e la sua scorta

Alle 16.58 le note del silenzio rievocano il boato di 24 anni fa, quando il tritolo dilaniò Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Si ferma una via D’Amelio colorata per tutto il giorno da centinaia di bimbi e volontari. La piazza torna a chiedere verità, per quella strage coperta da troppe ombre. Anche ombre istituzionali. “Mio fratello è stato ucciso da un mostro che aveva la testa dello Stato e il corpo della mafia – dice dal palco Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso – , uno stato deviato che ha decretato l’attentato e la sparizione dell’agenda rossa”. Il rovello è sempre quello: l’agenda che il magistrato portava sempre con sé, anche quel giorno di 24 anni fa. Documenti spariti, inghiotti nella terra di mezzo dove Stato e antistato si incontrano.  Anche oggi tante agende rosse sono state alzate in alto dagli attivisti, in coincidenza con l’orario dell’eccidio, salutate alla fine da un lungo applauso.”Sto perdendo la fiducia – aggiunge Paolo Borsellino – di avere uno straccio di verità finché sono in vita, anche se non mi rassegno”. Borsellino ha letto un messaggio del pm Nino Di Matteo, quest’anno assente alle celebrazioni:: “Mi sento come un animale braccato” afferma il magistrato simbolo del processo per la trattativa Stato-mafia. In compenso, per tutto il giorno si sono succeduti i comunicati dei politici, che fanno a gare per rievocare uno degli snodi più drammatici della storia repubblicana. I “coccodrilli” non fanno danni e regalano visibilità. “Quello che fa male – afferma Antonio Vullo, agente della scorta sopravvissuto alla strage – è non avere ancora una verità. Ci hanno dato qualcosa che poi si è rivelato essere stato falsificato e questo alimenta l’amarezza perché sembra a volte che quello che abbiamo fatto non sia servito a nulla”. In tanti scorre come una scossa la paura che abbia ragione. Ma poi riprendono a gridare la loro ansia di giustizia, come fanno da un quarto di secolo.

(Foto Simone Cappellani/Fb)

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