Da Pompei a De Vilde, al Mann seminario sul rosso

Incontro sull’archeorealismo, termine coniato dall’artista per indicare una singolare rivalutazione di antichi reperti

Dallo studio del rosso pompeiano un’illuminazione, una nuova gamma cromatica brevettata e riconosciuta in tutto il mondo. L’artista contemporaneo Evan De Vilde, nell’ambito della rassegna Incontri di Archeologia 2015-16 ha illustrato nel pomeriggio al Mann l’esito del suo archeorealismo, termine da lui stesso coniato per indicare una singolare rivalutazione di antichi reperti : “E’ come prendere un vaso di terracotta romano o cinese e spostarlo fisicamente e concettualmente da un museo archeologico ad una galleria di arte contemporanea – ha esordito De Vilde nell’introduzione della sua conferenza – In questa ricerca non ho voluto ragionare con la logica di uno storico bensì con quella di uomo moderno che assume il concetto di reperto contemporaneo, cambiando cioè all’oggetto antico il suo statuto epistemologico, la sua carta d’identità”.
Un curioso dato statistico ha indotto fortemente l’artista a cimentarsi in questo lavoro: “Circa tre milioni di persone ogni anno visitano Pompei e tra le tante cose viste tutti ricordano sempre una sola cosa: il rosso delle pitture. Esso può dunque essere considerato non solo icona del suggestivo itinerario archeologico ma anche spremuta, esito ultimo dell’esperienza dei sensi vissuta attraverso il sito”.

 

La conferenza ha assunto nella sua parte iniziale il valore di riflessione sui vari significati di tale cromia nel nostro comune immaginario. Espressione tout-court di profonda e ancestrale energia, il rosso secondo De Vilde si distingue più specificamente in varie categorie: da paesaggio, come il cielo all’alba e al tramonto, dalla cui visione l’uomo può espandersi verso l’infinito superando la sua limitatezza; naturale, come i minerali a base di ferro o una pianta di ibis; biologico, quindi del sangue ora sacralizzato ora frutto di violenza che può assurgere ad emblema di interiorità. Unico per la sua capacità di condensare in sé tutte queste sfaccettature, il tipico pigmento degli affreschi dipinti nel Salone di Villa dei Misteri ha colpito particolarmente De Vilde che ha evidenziato come in alcune scene del famoso ciclo dionisiaco alcune velature di giallo sul fondo cinabro creino una sorta di effetto fuoco ben simboleggiante l’intensità drammatica dei gesti compiuti dai personaggi. “Da questi affreschi ho rimosso tutte le zone sporche, ammuffite e rotte per isolare soltanto quelle perfettamente chiare e nitide ed ottenere così brani di rosso di diversa forma – ha spiegato l’artista illustrando il suo procedimento mediante fotografie e grafici – Unendoli tutti insieme ho ottenuto un unico colore fondamentale che il nostro cervello elabora in frazioni di secondi e che estende a tutta la rappresentazione mnemonica di quelle stesse pitture. Ecco perché il turista ricorda e ricorderà sempre il rosso anziché il giallo a Pompei”.

 

Supportato dunque da accurate indagini scientifiche De Vilde ha potuto riscontrare in questa cromia una nuova frequenza ed un nuovo codice Pantone, l’ED1012, caratterizzato a sua volta da seppur lievissime gradazioni ed al quale ha dedicato una sua mostra personale visitabile sino a fine febbraio presso il Castel dell’Ovo. A conclusione dell’interessante evento, l’artista ha condotto i presenti in una rilassante meditazione di pochi minuti basata sulla visione e sull’imprinting di questa speciale tinta antica più di duemila anni.

Angelo Zito

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest