E’ morto Sante Notarnicola, il “poeta proletario” che rapinava ed espropriava le banche

Uno dei principali componenti della “banda Cavallero”

E’ morto a 82 anni Sante Notarnicola, il “proletario poeta”. Nato nel 1938 a Castellaneta, aveva trascorso la prima infanzia fra miseria ed emarginazione sociale. Abbandonato dal padre, finisce in un Istituto per l’infanzia abbandonata, dal quale esce a 13 anni per raggiungere la madre, nel frattempo emigrata a Torino. Nel capoluogo piemontese inizia a frequentare gruppi di operai ed ex partigiani. E’ il 1959 quando Notarnicola comincia a organizzare una serie di espropri alle banche e gioiellerie ed è durante una di queste (il sanguinoso assalto a una filiale del Banco di Napoli a Milano durante la quale perdono la vita 4 persone) che, nel 1967, viene arrestato, insieme a Cavallero e altri due compagni, e successivamente condannato all’ergastolo.

Noi eravamo in guerra. Volevamo sovvertire il sistema. Dopo 25 rapine sarei stato milionario, ma in realtà noi prendevamo la nostra paga da proletari e comunisti, il resto andava a finanziare i combattenti in Algeria. Non eravamo ladri, eravamo rapinatori. Politici, venivamo dal Pci, tutti, pur con la smania di non starci dentro al Pci, troppo moderato” – affermò Sante Notarnicola in un’intervista a Il Fatto Quotidiano.

Perché in carcere si innamora dei brigatisti?   “Perché molti erano compagni, comunisti veri. E perché sognavano lì dove io avevo fallito. Ma la loro è una storia diversa. Però ho sempre familiarizzato con quelli rimasti leali: i pentiti, i dissociati, per me loro non esistono più, fatico ad ascoltare i loro nomi” – sottolineò Notarnicola

In carcere fu protagonista di numerose rivolte per ottenere migliori condizioni detentive e scoprì la passione per lo studio e la scrittura. Nel 1972 pubblicò per Feltrinelli “L’evasione impossibile”, il suo primo libro. Seguirono le raccolte di poesie “Con quest’anima inquieta” e “La nostalgia e la memoria”.

La sua figura ha ispirato il cinema e la musica. Nel film “Banditi a Milano”, di Carlo Lizzani, che racconta la storia della banda Cavallero, è interpretato da Don Backy. Nel 1978 era il suo il primo nome della lista di tredici detenuti da liberare indicati dalle Brigate rosse in cambio del rilascio di Aldo Moro

Uscito di prigione ha trascorso a Bologna gli ultimi anni della sua vita. Dal 1995, in regime di semilibertà, gestiva il pub Mutenye dedicandosi a a numerosi progetti sociali e culturali. Dal 21 gennaio 2000 era un uomo libero.

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