Inizialmente si parla di un ordigno artigianale lasciato su un vagone. Poi avanza la pista dell’attentato suicida. Nella città si teneva un vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e quello bielorusso Alexander Lukashenko
Col passare delle ore la procura generale, dopo averlo inizialmente escluso, parla di un possibile kamikaze. Terrore in metro a San Pietroburgo, il bilancio si aggrava: sono almeno 11 i morti e 40 i feriti causati dall’esplosione. Sulle prime, per gli artificieri l’esplosione è causata “da un ordigno artigianale probabilmente lasciato su un vagone prima della partenza del convoglio”. Nella città si teneva un vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e quello bielorusso Alexander Lukashenko. L’allarme scatta intorno alle due e quaranta ora locale – l’una e quaranta in Italia – dopo lo scoppio in un convoglio che correva in galleria, tra due diverse stazioni, la fermata del Tekhnologicheskiy Institut e la Sennaya Ploshad, E poco dopo un secondo ordigno, rudimentale, viene trovato ancora inesploso in una terza stazione, Ploshchad Vosstania. Occorrono ore per disinnescarlo. L’emittente televisiva Ren Tv diffonde l’immagine del presunto attentatore: è un uomo vestito di nero con un cappello nero e la barba. Ma l’uomo, riconoscendosi, si presenta alle autorità per dichiarare di essere estraneo ai fatti. Secondo Interfax le autorità hanno invece identificato in via preliminare un giovane proveniente dall’Asia centrale come responsabile dell’esplosione.