Operai Fca licenziati, il silenzio assordante di politica e sindacato

La vicenda conclusa dalla sentenza della Cassazione: uniche eccezioni Di Maio e Fratoianni

Scende il silenzio sulla vicenda dei 5 operai Fca di Pomigliano, licenziati per aver inscenato il funerale dell’ad Sergio Marchionne. Un silenzio assordante, anzitutto dalla politica, ma pure dal sindacato. Uniche eccezioni: il ministro del lavoro, Luigi Di Maio, accorso da uno dei licenziati, Mimmo Mignano, incatenatosi sotto casa sua e finito in ospedale per essersi cosparso il capo di benzina; il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, autore di un post su Fb, in cui difende gli operai, pur tra alcuni distinguo (“hanno fatto una fesseria”). Per il resto, la storia dei 5 ribelli passa in cavalleria. Zero commenti dalla sinistra. Mutismo dal Pd, il cui leader-ombra Matteo Renzi amava farsi fotografare con Marchionne e rivendica ancora lo scalpo dell’articolo 18: quindi, almeno, è coerente. Neppure una parola dalla Regione di Vincenzo De Luca, come dal sindaco metropolitano Luigi de Magistris. Non pervenuto il centrodestra, secondo antica tradizione. Ma del resto, i primi a tacere sono i sindacalisti. Bocche cucite dai confederali. La solidarietà arriva solo dalle sigle di base. In giro si avverte un fastidio per una storia troppo fuori dagli schemi. Come se fosse meglio archiviarla, e far finta di nulla. Negando che costituisce, invece, l’avanguardia di una lotta sociale tra Davide e Golia. Dove c’è un contendente, i lavoratori, stremato dall’azione concentrica di crisi e riforme del lavoro. Un contraente indebolito dai continui salti all’indietro nei diritti economici, sbalzato dall’avanzata del neo autoritarismo padronale, a braccetto con la politica. E forse allora hanno sbagliato davvero Mimmo Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore: il funerale non dovevano farlo a Marchionne, ma alla classe operaia.

(Foto Pietro Vangeli/Fb)

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