Addio a Matteo Cinque, superpoliziotto negli anni della guerra di camorra

Aveva 74 anni. Ex questore di Palermo, di Salerno, Trapani, Catanzaro e dirigente della Squadra Mobile di Napoli. Fu arrestato e processato per le dichiarazioni del boss pentito Pasquale Galasso, ma assolto e risarcito per 47 giorni di ingiusta detenzione

Fu uno dei poliziotti più noti nell’anticamorra degli anni ’80 e ’90. È morto oggi Matteo Cinque, 74 anni, ex questore di Palermo, di Salerno, Trapani, Catanzaro e dirigente della Squadra Mobile di Napoli.  Lascia la moglie Timotea e due figli, i funerali domani mattina alle 10, a Vico Equense, dove era tornato a vivere dopo la pensione. Fu spedito a guidare la questura di Palermo 3 giorni dopo la strage di via D’Amelio. Era il 22 luglio 1992. Sulla poltrona più difficile d’Italia, in quel momento, sostituì l’appena rimosso Vito Plantone. Dagli altari dei blitz contro i clan, però, finì nella polvere dell’arresto per favoreggiamento ai boss. A circa due anni dall’arrivo in Sicilia, fu travolto dalle dichiarazioni del superpentito Pasquale Galasso, che lo accusava di collusioni con Carmine Alfieri, capo della cupola campana. Ma quel fango fu lavato dalla successiva assoluzione, arrivata a 8 anni di distanza, assieme al risarcimento per 47 giorni di ingiusta detenzione. Quando uscì dal carcere, mantenne il profilo da uomo delle istituzioni. “Rifarei tutto tale e quale, perché l’ho fatto in coscienza – dichiarò in un’intervista a Radio Radicale-. Credo di aver servito onestamente lo Stato per tanti anni, adesso dallo Stato voglio la verità. La verità che ho sempre cercato di dare agli altri”. Ribadì “fiducia nella giustizia”, e sui pentiti disse: “Sono uno degli strumenti più importanti nella lotta alla criminalità organizzata, senza di loro la battaglia non si può portare avanti”.

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