Esternalizzazioni e cessioni di rami aziendali, così le multinazionali massacrano i lavoratori

Negli ultimi sedici anni i governi di ogni colore hanno approvato leggi che hanno prodotto una vera devastazione sociale

Le multinazionali come Whirlpool fanno ciò che vogliono nel nostro Paese grazie ai governi di ogni colore che negli ultimi ventisei anni hanno regalato agli imprenditori il taglio alle tasse sui  profitti, centinaia di milioni di euro di incentivi a carico della collettività e offerto legislazioni favorevoli mettendo in discussione diritti, avallando esternalizzazioni e licenziamenti massicci. Alcune leggi hanno prodotto una vera e propria devastazione sociale: il pacchetto Treu del 1997; il decreto Sacconi numero 368 del 2001; la legge Biagi numero trenta del 2003; la riforma Fornero numero 92 del 2012; il decreto Poletti numero 78 del 2014;  Jobs Act numero 81 del 2015.

I governi di centro sinistra e di centro destra nell’approvare queste leggi dicevano: meno diritti, più crescita. Nella realtà abbiamo avuto solo meno diritti, più povertà, più disuguaglianze. La legge Biagi ha legittimato l’utilizzo di massicce esternalizzazioni, procurando un danno ingiusto ai lavoratori che  possono essere ceduti senza il loro consenso dalla società che li ha assunti a un’altra società di cui spesso non conoscono nemmeno l’esistenza. Stando ad una ricerca promossa dalle organizzazioni sindacali di base e indipendenti negli ultimi  sedici anni nel nostro Paese sono state avallate ben 150 mila esternalizzazioni e cessioni di rami d’azienda. Almeno 300 mila lavoratori licenziati negli ultimi dieci anni.

Esternalizzazione. ‘Outsourcing’ è  una parola inglese che appena la sentono i lavoratori, iniziano a tremare. Il corrispondente italiano è  “esternalizzazione”. Le aziende  affidano cioè i servizi e alcune attività lavorative a società esterne. Le aziende che esternalizzano hanno il vantaggio di continuare a controllare le attività, ma si liberano del fastidio di essere la controparte dei dipendenti. Il fenomeno dell’outsourcing è particolarmente in voga, tra le società che si contendono il mercato della telefonia mobile. La più  importante di queste, la Telecom, negli ultimi anni ha ceduto decine di rami aziendali e migliaia di lavoratori, continuando però a controllare tutto. Con l’outsourcing, appunto. Si dilettano nell’outosourcing anche la Pirelli o la Fiat.  Le esternalizzazioni sono molto diffuse nelle  amministrazioni pubbliche, imprese di pulizia e consorzi edili. Un sistema di riorganizzazione e ristrutturazione del lavoro attuato anche da amministrazioni pubbliche, aziende private, imprese di pulizia, multinazionali dell’informatica, consorzi edili. Nella pratica, il lavoro viene separato dall’impresa. Le condizioni lavorative sono peggiorate dopo l’abrogazione della storica legge numero 1369 del 1960 e delle modifiche dell’articolo 2112 del codice civile avvenute con l’attuazione della legge Biagi.

La legge 1369 era un vero caposaldo normativo della tutela dei lavoratori sul mercato del lavoro che sanciva il principio contrario, semplice e lineare: il datore di lavoro era colui che avesse effettivamente utilizzato le prestazioni lavorative. L’appalto, in altre parole, non poteva “contenere solo lavoro” ma doveva contemplare, per esser legittimo, anche l’impiego di attrezzature, capitali, mezzi dell’appaltatore tanto che si ricadeva ancora nella fattispecie vietata di appalto di sola manodopera, quando i mezzi, attrezzature e capitali esistessero, ma fossero forniti, seppur dietro compenso, dallo stesso committente-utilizzatore. Veniva sancita la responsabilità solidale tra committente e appaltatore, perché ai dipendenti dell’appaltatore venisse garantito un trattamento economico-normativo non inferiore a quello fruito dai dipendenti del committente: in questo modo, la legge raggiungeva lo scopo di evitare l’affidamento in appalto di fasi di lavorazione a soli fini di risparmio sui costi di lavoro, nel senso che i committenti – stante l’equivalenza dei costi tra lavoro diretto e appaltato – avrebbero avuto interesse, allora, ad affidare solo appalti tecnicamente necessari.

L’escamotage di esternalizzare consente a molte grandi aziende di liberarsi di decine, centinaia e a volte anche migliaia di lavoratori come se fossero una qualsiasi merce di scambio. Il lavoratore esternalizzato si ritrova così da dipendente della grande azienda a dipendente di una piccola realtà talora ‘neonata‘ e senza esperienza nel mercato, e con la ex datrice di lavoro trasformatasi in cliente-appaltante. E non finisce  qui. Spesso i lavoratori vengono catapultati in società create proprio per assorbire il personale ceduto e che, sopravvivono soltanto grazie all’appalto che viene concesso proprio da chi si è liberato dei dipendenti. Che fare? Bisogna attivare iniziative “discontinue” introducendo un serio sistema di  regole. Necessari provvedimenti legislativi per introdurre forti limitazioni nell’utilizzo delle esternalizzazioni e superare sostanzialmente tutte le leggi sul lavoro approvate negli ultimi anni.  

Ciro Crescentini

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