Cinema, povertà operaia: Sorry We Missed You, il nuovo film di Ken Loach

Nel mirino il lavoro temporaneo e a chiamata senza alcuna garanzia contrattuale

Dal 2 Gennaio 2020 sarà nelle sale cinematografiche italiane, Sorry We Missed You, il nuovo lavoro del regista inglese Ken Loach. Il cinema di Loach non si distacca mai dal profondo impegno nella difesa della classe lavoratrice inglese, e anche questo nuovo film si annuncia come una storia potente che ha nel mirino la cosiddetta “gig economy”, che purtroppo sta dilagando in tutta Europa, Italia in prima linea: l’economia del lavoro temporaneo e a chiamata, senza alcuna garanzia contrattuale. Stavolta la storia che Loach racconta è quella di una famiglia di Newcastle. Ricky e la sua famiglia combattono contro i debiti dopo il crack finanziario del 2008. Una nuova opportunità sembra apparire all’orizzonte grazie a un furgone nuovo che offre a Ricky la possibilità di lavorare come corriere per una ditta in franchise. Si tratta di un lavoro duro, ma quello della moglie come badante non è da meno. L’unità familiare è forte ma quando entrambi prendono strade diverse tutto sembra andare verso un inevitabile punto di rottura.

Ken Loach

È un nuovo tipo di sfruttamento. La cosiddetta gig economy, il modello economico basato sul lavoro accessorio, i lavoratori autonomi o a chiamata dalle agenzie, la precarietà dell’impiego – spiega il regista – La borghesia parla di conciliare vita professionale e vita privata, la classe operaia è costretta a far fronte alle necessità. Il problema è nuovo nel senso che viene utilizzata la tecnologia moderna. La tecnologia più sofisticata è nel veicolo dell’autista, detta i percorsi, consente al cliente di sapere esattamente dove si trova la spedizione che ha ordinato e il suo presunto orario di consegna – aggiunge Loach –  Se ha pagato un extra per l’orario della consegna, la merce deve arrivargli entro quell’ora. Il consumatore se ne sta seduto a casa a seguire il veicolo in tutto il quartiere. È un dispositivo straordinariamente sofisticato con segnali che rimbalzano da un satellite chissà dove – conclude – Il risultato è che una persona si ammazza all’interno di un furgone, andando da un punto all’altro, di strada in strada, correndo per soddisfare le esigenze imposte da questi strumenti. La tecnologia è nuova, ma lo sfruttamento è vecchio come il mondo”.

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