“Napoli, la Città del Calcio” di Paolo Trapani esplora il rapporto viscerale tra il club e i napoletani
“Més que un Club”, più che un club, ammonisce la scritta sugli spalti del Camp Nou di Barcellona. E lo stesso vale per la squadra di un’altra città-mondo: Napoli. Al rapporto simbiotico tra la società azzurra ed i napoletani, tributa un omaggio Paolo Trapani, giornalista ed autore di “Napoli, la Città del Calcio” (Magenes). Più che un libro: un atto d’amore verso “una squadra, una maglia, un popolo”. Un’indagine tra mito e sentimento. Un viaggio dove le storie senza volto dei tifosi si intrecciano alle annate della squadra. Perché se Napoli resta patria per tutti i napoletani del mondo, il Napoli è la bandiera da sventolare ai quattro angoli del globo. Calcio e identità, oltre il rettangolo verde. “Il legame fisico e ideale che esiste tra terra e tifosi – scrive Trapani – è inscindibile come quello che intercorre (fin dal concepimento) nella relazione tra madre e figlio. Un figlio unico, peraltro”. Anche nel calcio, infatti, Napoli sfugge alle regole. È una delle poche realtà metropolitane ad avere una sola squadra. A Roma si può trovare una piazza-ritrovo dei laziali o una borgata votata ai romanisti; a Milano strade nerazzurre e rioni rossoneri; a Genova una Isonzo genoana e un Sampierdarena blucerchiato. E lo stesso a Buenos Aires, Londra, Istanbul, Madrid, Mosca, Manchester e tanti altri posti. “A Napoli c’è solo il Napoli. Il Napoli è Napoli” ribadisce Trapani, già autore del pamphlet “Maledetta Juve, non sappiamo più come insultarti!”. Una sentenza che non ammette appelli.