Napoli: sequestrati beni per 16 milioni di euro a Bruno Potenza

L’imprenditore è il figlio di una delle più note “paranze” di contrabbandieri partenopei

16 milioni di euro. E’ questo il valore dei beni sequestrati dalla Dia di Napoli a Bruno Potenza, imprenditore legato a clan cammoristici operanti a Napoli. Potenza è infatti il figlio di un esponente di una delle più note “paranze” di contrabbandieri partenopei. Con il decreto di sequestro, emesso dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione, sono stati sequestrati al Potenza 11 unità immobiliari, 4 società con intero patrimonio aziendale (tra cui una sala ricevimenti a Pozzuoli), 3 autoveicoli, un natante (Cigarette modello Bullet bimotore), 23 rapporti finanziari tra depositi bancari nazionali e polizze. Il tutto per un valore di ben 16 milioni di euro. Le indagini, eseguite anche grazie ad una “rogatoria internazionale” sull’analisi di operazioni finanziarie sospette con la Svizzera, hanno permesso agli inquirenti di poter appurare l’anomalia della posizione patrimoniale della famiglia di Potenza, oltre ai collegamenti con personaggi legati al clan “Lo Russo” del quartiere di Miano. Importante per gli inquirenti, in questa indagine, fu il ritrovamento nel 2011, durante la perquisizione effettuata dalla stessa DIA di Napoli, di 8 milioni di euro nascosti tra le intercapedini delle abitazioni dei Potenza, successivamente sequestrati. L’operazione, messa in atto, adesso, ha fatto emergere, questo nuovo ed ingente patrimonio accumulato dal Potenza e dalla sua famiglia, nel corso degli anni. Un patrimonio sproporzionato rispetto alle loro reali capacità finanziarie e, ovviamente, risultato frutto delle attività illecite perpetrate, che gli sono costate anche l’accusa di associazione a delinquere finalizzato all’usura, alle estorsioni ed al reimpiego/riciclaggio di denaro e beni anche in territorio estero. Nel corso di questa inchiesta è stata messo sotto indagine anche Maurizio Di Napoli il quale, pur non avendo adeguate risorse, forniva la sua disponibilità a farsi intestare e, solo apparentemente, ad amministrare, la sala ricevimenti già nota come “Villa delle Ninfe” a Pozzuoli, quando invece “unico e reale” gestore continuava ad essere lo stesso Bruno Potenza.

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