I comuni del Sud rischiano di  soffocare, cancellare vincoli e patto di stabilità

Riceviamo e pubblichiamo

Questa volta non bisogna scomodare studi di settore piuttosto che istituti di statistica per cercare il colpevole che distrugge il Sud, il nemico è proprio il Governo.

Le misure economiche individuate nel DEF 2020, con linguaggio astruso e furbesco, cancellano la quota del 34% di spesa pubblica da destinare al Mezzogiorno. Il coronavirus pur non trovando casa da queste parti risulterà essere il nemico numero uno per le Regioni in ritardo di sviluppo.

L’impianto finanziario proposto dal Governo, come è giusto che sia, traccia una progressione economica pluriennale, non solo per il 2020. Quindi l’esclusione di quel requisito di legge non varrà solo per l’anno in corso, ma anche per i successivi. Una deroga sine die.

Che strano paese il nostro, proprio nel momento in cui la spesa pubblica aumenta in settori strategici (produzione, operatori pubblici e privati) e si cerca di agire sulla leva fiscale per sopperire alla mancanza di liquidità delle imprese (monetizzazioni, prestiti agevolati e a fondo perduto, credito d’imposta, ristori), i soldi da destinare al Sud diminuiranno, prefigurando una pandemia economica e sociale per questi territori. Un destino beffardo quello che fa pagare la maggiore condanna a “chi non ha commesso il reato”. Con un’applicazione distorta del codice penale, tanto per rimanere in tema.

Se non ora, quando? racconta di quei partigiani ebrei, polacchi e russi che, vincendo ogni avversità rispetto a chi li voleva morti (nazifascismo), raggiunsero la salvezza. Avanzando un parallelo forte ma non lontano, il Mezzogiorno assomiglia un po’ a quei “resistenti” che lottavano a mani nude contro un avversario invincibile, riuscendo comunque a farla franca. Se Primo Levi avesse avuto l’occasione di continuare quel romanzo, avrebbe raccontato che dopo l’epopea per quegli uomini non sarebbe arrivata la vittoria, ma un nemico ancora più grande che ne avrebbe decretato la morte.

Il tema, quindi, non è più la nuova fase, ma i contenuti di essa. Chi riparte e per dove.

Insomma, la sospensione della regola della concentrazione tematica prevista dal programma di coesione, ovvero derogare al principio del recupero degli squilibri tra le Regioni, mettendo in discussione la sanabilità del rapporto con le zone in ritardo di sviluppo, segnerà negativamente il destino delle aree del Mezzogiorno.

Ed anche da queste parti non basta più “evocare” il meridione nei discorsi per mettersi con la coscienza a posto, è insufficiente collocarlo nella sola “narrazione” del soggetto da aiutare, non è più attuale “raccontarlo” e basta. Il Piano per il Sud appena scritto (febbraio 2020) è già carta straccia, le prime date in esso indicate, contenenti impegni istituzionali, sono miseramente saltate.

E’ giunto il momento di radicare una battaglia che parta dal Sud, innanzitutto superando divisioni e solipsismi in noi sintomaticamente presenti (ed oltremodo dannosi), principalmente unificando le lotte che pur si stanno concretizzando su singole porzioni di territorio, tirando dentro anche quegli intellettuali dimostratisi sensibili a queste ragioni, costringendoli a rinunciare alle lectio magistralis ed a sporcarsi di più le mani. E’ finito anche il tempo degli equilibrismi. Parlare libero, non per farsi notare. Essere indipendenti, senza attese cooptazioni.

Il tempo è già questo: dalla crisi pandemica a quella economica e sociale del Sud. Aver ottenuto la flessibilità rispetto alle spese legate al contenimento del Covid – 19 deve portare anche al superamento del patto di stabilità interno nei confronti dei Comuni, ormai al collasso finanziario.

Gli enti locali del Sud debbono essere messi nella condizione di poter assumere, rinforzarsi, incamerare nuove leve e know-how, debbono poter sostenere politiche urbane ecocompatibili e processi di riqualificazione delle periferie, debbono poter farsi carico di politiche inclusive rispetto agli ultimi, ai disagiati di sempre, alle nuove vittime di questa pandemia. Continuare a mantenere quei vincoli, nonostante il nuovo indebitamento allargherà i cordoni della spesa pubblica, è un suicidio politico, un omicidio premeditato nei confronti del Sud.

Ancora una volta viene clamorosamente meno quel senso di solidarietà nazionale capace di prospettare l’uscita dalla crisi in modo unitario e condiviso e non in contrapposizione. Il Governo, dirottando i soldi dal Sud verso il Nord, resta il principale artefice della rottura tra le parti del paese, poiché si sta dimostrando politicamente debole e “ricattabile” da chi esterna, ogni giorno che passa, spocchia e presunta autosufficienza.

Raffaele Carotenuto

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