Cantautore tra i più autorevoli della storia della musica, tra rock e folk country

Rock e folk country, cantautore tra i più autorevoli della storia della musica, sguardo introverso, voce nasale, timidezza nei gesti ma tanta, tanta buona musica. È Neil Young, cantautore canadese di Toronto, che oggi compie i suoi settanta anni tra una sporca chitarra acustica, elettrica e armonica. Nato a Toronto, nel 1945, da padre giornalista sportivo e madre dalle origini francese passa i suoi primi anni ad Omemee, piccolo centro nei pressi della città canadese. L’infanzia giunge con non poche difficoltà: dopo il diabete diagnosticato, la poliomielite che gli ha indebolito leggermente la gamba sinistra, arriva il divorzio dei genitori che lo porterà a vivere con la madre a Winnipeg in Manitoba. È qui che inizia ad avvicinarsi al mondo della musica con i suoi primi complessi da garage rock. Nel ’65 è la volta di Los Angeles dove fonda con Stephen Stills, Bruce Palmer, Dewey Martin, Richie Furay i Buffalo Springfield, punta di diamante del rock folk e psichedelico dell’epoca “Un mercoledì da leoni”: raggiungono il successo con il celebre brano “For What It’s Worth” (riguardo agli scontri violenti, dove si distinse la polizia statunitense, al Sunset Strip). Dopo aver lasciato la formazione inizia la sua carriera solista con il suo omonimo album “Neil Young” del ’69, definito da lui stesso artefatto, seguito subito dopo da Everybody Knows This Is Nowhere” (1969). Come parentesi di carriera, se così la si può definire, avvierà con il suo vecchio amico Stills i “Crosby Stills, Nash & Young” (quelli de “Almost cut my hair”, inno di una generazione contro la guerra e il Vietnam, peste di un’intera generazione di giovani statunitensi). Nel mentre, Young non abbandona la sua carriera da solista pubblicando “After the Gold Rush” (1970), “Harvest” (1972) con il quale raggiunge le vette delle classifiche: “Heart of Gold”, “Old Man”, “A Man needs a Maid” restano, tutt’oggi, pezzi di grande livello. Dal 1973 al ’75 è il periodo definito de la “Trilogia Oscura”; sono gli anni in cui i chitarristi Danny Witten, e Bruce Berry, storici compagni, moriranno per overdose; sono gli anni degli abusi di droga, la paralisi cerebrale del figlio; anni nichilisti che si ripercuoteranno in lavori come “Time Fades Away” “On the Beach” “Tonight’s the Night”. Dopo il ’75 e fino al ’79 Neil rinasce sotto una nuova luce, con i suoi vecchi fasti di “Harvest” raggiungendo il successo nel 1979 con l’album “Rust Never Sleeps” con la bellissima, struggente, poetica, “Hey hey my my” (Out of the blue). Da qui Young diviene padrino del, e nel, suo genere cavalcando alla meglio gli Ottanta e i Novanta, sempre voce nel coro con tratti da “fuori dal coro”: nel 1995 pubblicherà con i Pearl Jam “Mirror Ball”, proprio a significare il suo progredire di carriera. Non a caso giunge al 2015 pubblicando il suo trentaseiesimo album “The Monsanto Years”.
Per festeggiarlo si alzi il volume e si prema play su “Hey hey my my”
“Rock and Rolli is here to stay”.

Vincenzo Perfetti

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