Il celebre direttore d’orchestra indiano dirigerà per la prima volta un’opera: al Massimo napoletano dal 22 febbraio al 5 marzo con Tristano e Isotta

NAPOLI – “La soluzione per salvare la cultura in Italia è il sistema americano dove se tu dai 100 euro alla cultura, agli ospedali, all’università, puoi detrarli dalle tasse. Per questo in America non ci sono teatri, musei che soffrono. Ho lavorato 32 anni  negli Stati Uniti e vi assicuro che lì non c’è nessun ministro che ti viene a raccomandare che il nipote suona il pianoforte”. E’ il suggerimento che ha dato, anche con sottile ironia, Zubin Mehta, uno dei più grandi direttori d’orchestra di tutti i tempi. Il 78enne maestro indiano ha conversato con i giornalisti e il pubblico dal palcoscenico del San Carlo, dove dirigerà per la prima volta un’opera. Il 22 febbraio (fino al 5 marzo) debutterà alla direzione di “Tristano e Isotta” e dal 27 fino al 1 marzo dirigerà la “Terza sinfonia” di Mahler. All’incontro era presente anche Caroline Lang, regista per la ripresa dell’opera wagneriana. Ha moderato Alessandro Barbano, direttore del quotidiano Il Mattino. “Ammiro con attenzione questo bellissimo teatro solo adesso – ha confessato- perchè quando provo per tre quattro giorni non riesco a farlo. È stato il primo teatro visto in vita mia. Avevo 18 anni quando scesi da una nave a Napoli. Venivo da Bombay e andavo a Genova per poi raggiungere Vienna per frequentare i corsi di perfezionamento del maestro Hans Swarowski. Non sapevo neanche come si chiamava. In cartellone c’era un recital di Rubinstein. Aspettai che finisse lo spettacolo per vedere appena la sala vuota con il pianoforte”. Sollecitato da Barbano, si è soffermato ancora sulla crisi della cultura nel nostro paese. “Ho lanciato il primo appello nel novembre del 2010 dal palcoscenico del Carlo Felice di Genova. In quattro anni nulla è cambiato – ha precisato. La colpa è del governo. Tagliano ogni anno. Credo che il signor Renzi, che è anche un melomane, ama la musica e la cultura, farà qualche cosa, almeno speriamo. Lo conosco perchè è stato il mio sindaco. Ne parlai anche con Monti, anche lui era d’accordo, ma è durato poco tempo”. Zubin Mehta ha “respirato” musica fin dalla nasciata. Suo padre, Mehli Mehta, era un violinista ed è stato pioniere della musica occidentale in India. “Aveva il suo quartetto a casa- ha ricordato- e suonava quel tipo di musica, cosa insolita per l’India. Poi, come direttore d’orchestra, nel 1935 fondò la Bombay Symphony Orchestra”. Per il maestro il mondo musicale dove si trova veramente a casa è quello di Vienna perché anche per lui, come per tanti suoi colleghi, l’80% del repertorio è viennese». Venendo al suo prossimo debutto al Massimo cittadino ha sottolineato che “Wagner, con la prima e con la seconda battuta, ha cominciato una rivoluzione musicale che  ha toccato anche Verdi. Il ‘cromatismo’ del Tristano e Isotta lo si trova anche nell’Aida. Peccato che non erano amici. Attori e musicisti sono entitusiasti di fare quest’opera perchè è una musica da camera che accompagna un grandissimo dramma d’amore medioevale. I protagonisti sono bravissimi. Violeta Urmana dà voce a Isolde, Trosten Kerl a Tristan. Stephen Milling è il Re Marke di Cornovaglia, Kurwenal è Jukka Rasilainen e Melot Alfredo Nigro. Lioba Braun dà la voce a Brangane”. All’ultima domanda di Barbano: “La voce che segna di più la stagione del dopoguerra?”, Mehta ha risposto: “Senza insultare  il resto, non c’è un artista, un cantante, non solo tenore, che ha conquistato il mondo operistico con diverse lingue e repertorio e che ha dato sempre una interpretazione incredibilmente giusta  come Placido Domingo. Ha 70 anni e non gli balla la voce”. Come ha spiegato Caroline Lang “il tema dell’amore è sempre valido e quindi non è possibile collocalo in un unico periodo. Lluis Pasqual, con le scene e i costumi di Ezio Frigerio e Franca Squarciapino, ha collocato l’opera in tre periodi diversi abbracciando così quasi ottocento anni. Nel primo atto ci troviamo nel periodo medioevale, nel secondo siamo in quello di Wagner, in un giardino borghese, il terzo si svolge in un ospedale militare dove Tristano è un soldato ferito durante una guerra. L’unico elemento che lega i tre atti-ha concluso- è il mare che è sempre presente nella messa in scena”.

Mimmo Sica

(Foto Marco Brescia)

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