Pieraccioni e la morale del Professor Cenerentolo

Comicità ma anche riflessioni nella pellicola dell’attore-regista toscano, presentata a Napoli. Nel cast Massimo Ceccherini, Laura Chiatti, Flavio Insinna e Davide Marotta

NAPOLI – Al Metropolitan è stato presentato alla stampa “Il Professor Cenerentolo” di Leonardo Pieraccioni, in uscita il 7 dicembre, prodotto da Marco Belardi, in collaborazione con Lotus Production con Rai Cinema Levante, e distribuito in 508 copie da 01 Distribution. Con l’attore e registra fiorentino sono nel cast Laura Chiatti, Davide Marotta, Sergio Friscia, Nicola Acunzo, Massimo Ceccherini e Flavio Insinna. Il film racconta la storia di Umberto (Leonardo Pieraccioni) che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni ha tentato insieme ad un dipendente (Massimo Ceccherini) un maldestro colpo in banca che gli ha fruttato però solo quattro anni di carcere! Ma se non altro, nella prigione di una bellissima isola italiana: Ventotene. Adesso Umberto è a fine pena e lavora di giorno nella biblioteca del paese. Al suo fianco il collega “bibliotecario” Arnaldo (Davide Marotta). Una sera, in carcere, durante un dibattito aperto al pubblico, conosce Morgana (Laura Chiatti), una donna affascinante, un po’ folle e un po’ bambina. Morgana crede che lui lavori nel carcere e che non sia un detenuto. Umberto, approfittando dell’equivoco, inizia a frequentarla durante l’orario di lavoro in biblioteca. Ma ogni giorno entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa nella struttura per evitare che il direttore del carcere (Flavio Insinna) scopra il tutto e gli revochi il permesso di lavoro in esterno. E’ un film diverso da quelli ai quali ci ha abituato Pieraccioni. Fa divertire, ma anche riflettere. Umberto, Morgana e Arnaldo hanno un proprio vissuto che, al di là delle apparenze, è ricco di esperienze e problematiche esistenziali intense e profonde che nel finale rivelano la vera onticità di ciascuno di loro. C’ è un messaggio e c’è anche una morale. Sono emblematiche due frasi del “piccolo” Arnaldo. La prima è quando giustifica il suo continuo giocare con un drone come l’unico modo per lui possibile di guardare gli altri dall’alto. L’altra è l’affermazione, di cui si abusa tanto ma che difficilmente trova applicazione nel quotidiano, che quello che realmente conta è la qualità e non la quantità. Al termine della proiezione Leonardo Pieraccioni, Davide Marotta e Domenico Costanzo, cosceneggiatore insieme a Pieraccioni e Giovanni Veronesi, hanno risposto alle domande dei giornalisti. Come nasce l’idea del film? “Dall’esperienza che feci quando presentai un mio film nel carcere di Prato- ha spiegato il regista e coprotagonista – Dopo la presentazione c’è stato un buffet ed io parlavo con le persone non sapendo se erano invitati esterni o carcerati. Cercavo di capire dalle conversazioni se erano di passaggio oppure “ospiti”. Ho applicato questa sensazione all’incontro che Umberto fa con Morgana. Lei equivoca e pensa che io lavori nel carcere e non che ci sia recluso”. Descriva il suo personaggio.
“E’ un tipo in bilico, un approssimativo, uno che va per le spicce anche in amore. E’ lui questa volta che frega la protagonista non dicendole la verità. E’ lui che è disincantato per quanto riguarda il matrimonio. E’ sempre lui che si muove con aria guascona per tutta la storia con un’etica molto discutibile. Mi è piaciuto farlo. La scorrettezza al cinema è sempre divertente!”. Perché ha scelto come coprotagonista Davide Marotta? “E’ un attore di grande talento con una notevole esperienza nel teatro tipico napoletano. Ho avuto modo di apprezzarlo molto nei film di Carlo Buccirosso. La sua napoletanità dà un valore aggiunto alla pellicola. Inizialmente il suo personaggio era molto più remissivo. Poi un giorno gli rivolsi una frase un pò graffiante e lui mi rispose: «vaffanculo». Da allora quella è stata la cifra del film”. Quale è il senso di questo film con il quale celebra venti anni di carriera, a oggi, come regista? “Da quando ho visto La banda degli onesti di Monicelli, ho sempre amato le bande di disgraziati. Il colpo grosso del mio film è la conquista da parte di Umberto dell’amore della figlia”. A Marotta è stato chiesto che cosa ha rappresentato per lui girare un film con Pieraccioni. “La realizzazione di un sogno” ha risposto. Che messaggio ha inteso dare con le due frasi finali? “Che nella vita bisogna accettarsi per come si è tenendo sempre presente che ciò che realmente conta è l’essere e non l’apparire, a qualsiasi livello. La qualità vince sempre sulla quantità”.

 

Come è stata costruita la sceneggiatura? è stato chiesto a Domenico Costanzo. “Abbiamo scritto il copione in un ristorante – ha informato il cosceneggiatore – partendo da idee semplici e disincantate, spinti da uno spirito anche infantile e giocoso. Un cenno particolare merita il personaggio di Arnaldo perchè gli abbiamo voluto dare uno sviluppo psicologico e fare vedere l’umanità che traspare dall’uomo. Arnaldo si rende conto che Umberto soffre e accetta di farsi prendere in giro perché comprende che questo per il ‘collega’ è liberatorio, quasi catartico. E’ consapevole che Umberto non è cattivo e lo fa intendere chiaramente quando sul finale lo saluta dicendogli: ‘Ti voglio bene'”. In serata il film è stato proiettato allo Space Napoli e al Metropolitan. In una sala è stato presente il regista, nell’altra l’attore napoletano che recentemente ha ricevuto il premio “L’Arcobaleno Napoletano” per il cinema.

Mimmo Sica

(Foto Leonardo Pieraccioni Pagina Ufficiale/Fb)

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