Nella Sala Blu l’artista ai giffoner: “Dovete costruire un orizzonte che non c’è. Siete più coraggiosi voi dei giovani di 40 anni fa”
Al GiffoniFilmFestival non solo musica, ma anche tanti spunti di riflessione sull’attualità e sulla politica, sui giovani e la lotta per un futuro tutto da disegnare giocando con le mille sfumature dell’ignoto.
La masterclass che Ermal Meta ha tenuto all’interno della Sala Blu – Impatto Giovani (che s’è aperta con un regalo dei ragazzi all’artista, che hanno cantato con lui un piccolo estratto di Piccola anima alla chitarra) ha avuto la dote di catturare l’attenzione di tutti i giffoner presenti, in rigoroso silenzio ad ascoltare le parole di uno dei cantautori più rappresentativi della sua generazione.
Se è vero che “Chi scrive è una porta, che si lascia attraversare dalle idee”, come detto dall’artista, nella cittadella del cinema, in questo pomeriggio, tantissime riflessioni si sono fatte largo oltrepassando la soglia.
Ed è proprio attraverso questa porta “che a volte può chiudersi, fino a quando non arriva un’idea talmente forte da sfondarla” che Ermal Meta parla del periodo di crisi che l’ha portato a non partorire più musica.
Al posto delle note, l’artista s’è però cimentato nella scrittura del suo primo romanzo, Domani e per sempre, edito da La Nave di Teseo.
“Sono molto critico con me stesso. Quando non sento la forte pulsione che mi spinge a scrivere tendo a rimanere in silenzio. Sentivo comunque l’esigenza di continuare a creare, ormai non so fare altro. Nel 2020 ho così cominciato a scrivere questo romanzo, facilitato dal lockdown, in cui la musica s’è fermata per tutti”.
Attraverso il racconto che vede in qualità di protagonista Kajan, piccolo talento del pianoforte, nato durante la Seconda Guerra Mondiale, Ermal apre le finestre su un pezzo di storia del suo paese d’origine, l’Albania, a cui da sempre è profondamente legato.
Tra le riflessioni più pure e profonde condivise dal cantautore con i giffoner, anche quella riguardante il concetto di fallibilità:
“Dopo tutti questi anni ho sempre paura di fallire, ma è umano. Quando ho iniziato a scrivere le prime canzoni le facevo ascoltare ai miei amici ma nessuno le comprendeva. Da parte mia c’era la paura di mettermi a nudo e quindi cercavo di nascondermi nei testi, che erano incomprensibili. Poi ho iniziato ad aprirmi e a dire la verità, ed è questa che cattura le persone, sempre”.
Incalzato da una giffoner sulla musica intesa come volano di messaggi nella società di oggi, Ermal Meta ha condiviso un interessante viaggio nel corso delle epoche, dagli anni ’50 ad oggi, ognuna caratterizzata da una corrente musicale diversa che ha saputo raccontare la realtà dei fatti che le persone vivevano e ritrovavano in ogni cosa:
“Dal 2000 abbiamo smesso di provare a cambiare la società. Ora ci limitiamo a coltivare il nostro giardino. La musica oggi non può sostenere un’idea sociale, perché è proprio questa che non c’è”.
Da quella delusione terribile che rappresentarono le accuse di plagio a quel Festival di Sanremo 2018, in cui vinse insieme a Fabrizio Moro con Non mi avete fatto niente, fino ad arrivare al futuro, oggi compromesso, che i giovani cercano di costruire:
“Non fatevi fregare dall’infelicità degli altri. Non fatevi fregare dagli adulti che dicono che questa generazione non vale quanto quella di allora, perché loro non si trovavano davanti ad un futuro compromesso. Siete voi che non avete un orizzonte davanti e dovete costruirlo da soli. Avete più coraggio voi dei giovani di quarant’anni fa”.