Il poliedrico artista originario della provincia di Lecco: “Giffoni un posto unico. Si respira cultura ed essa è sacra e salva l’uomo”
Nella Sala Verde della Multimedia Valley del GiffoniFilmFestival Antonio Albanese soffia con straordinaria autenticità sopra cinquantonove candeline di talento e simpatia.
In programma uno dei workshop di punta della sesta giornata del festival. I ragazzi in shirt arancione sono pieni di curiosità sulla vita professionale del poliedrico artista originario della provincia di Lecco. E con le loro domande su aspetti tecnici e personali si appoggiano a un registro di conoscenza che non ha altro inchiostro di scrittura se non la volontà di imparare tutto il possibile nel frammento di un incontro.
Albanese esordisce così:
“Sono nato in una famiglia di operai, originaria della Sicilia ed emigrata al Nord per lavoro, potrei dire per fame”. Fino ai ventidue anni sono stato un discreto fresatore e tornitore. Frequentavo l’istituto tecnico serale per prendere il diploma. Ad un certo punto ho lasciato il certo per l’incerto. Merito di un corso serale di teatro consigliato da una mia amica durante il quale ho colto la meraviglia di questo mondo”.
Le porte girevoli della vita non hanno mai voltato l’anta ad Albanese. Ma la strada per lui, uomo dai natali umili, è sempre stata in salita anche quando la buona sorte guardava fisso nei suoi occhi:
“Alla scuola di arte drammatica fui preso tra una rosa di cinquecento candidati. Ero felicissimo ma vivevo a Milano e non era facile mantenersi. Al secondo anno volevo lasciare per ragioni economiche. Proprio in quella fase di disperazione è nato il personaggio di Epifanio, con uno spostamento di ritmo e spina dorsale da drammatica a comica. Comincio così a guadagnare i primi soldi e da lì la mia carriera non si è più fermata”.
Albanese ha alle spalle inizi difficili che proprio questo definisce indimenticabili. Un cammino lastricato di costante studio e di un lavoro sul campo che molto spesso occupa per intero le sue giornate. A tal proposito sottolinea:
“Questa professione ha bisogno di un impegno totale. Io sono stato molto fortunato perché ho incrociato persone che avevano tante cose da insegnare, non like da esibire. Penso al direttore dell’accademia Riccardo Palazzi, solo per citarne uno. Guide autorevoli senza le quali non sarei quello che sono oggi”.
E oggi, Antonio Albanese, è un attore con trent’anni di robusta e prestigiosa carriera. Nel suo profilo curriculare ruoli comici e impegnati, drammatici, talvolta in un tale rapporto di contenimento reciproco da sembrare un corpo unico a più strati di pelle autoriale. A riguardo Albanese specifica:
“Prendo ispirazione dalla vita che mi circonda. Sono molto curioso e mi piace frequentare anche gli ambienti lontani da me, quelli più strambi e magari anche antipatici per “rubare” comportamenti e modi di essere. I miei personaggi sono nati tutti così”.
E di personaggi ne ha dati alla luce davvero tanti e di successo. Da Alex Drastico a Cetto La Qualunque; da Pier Piero a Frengo al Ministro della Paura. Una miscellanea di umanità con la quale ha fermato il tempo nel momento della intuizione:
“Sono maschere che raccontano spaccati reali di esistenza. Un attore ha bisogno di maschere, anche se poi deve essere consapevole che con il passare del tempo anche la sua maschera può cambiare. Parlo di un cambiamento fisico che riguarda corpo e volto, in virtù del quale può risultare meno adatto a immedesimarsi in determinati personaggi”.
Albanese ha un grande amore per il teatro. Il suo autore di riferimento è Karl Valentin, commediografo tedesco scomparso nella prima metà del Novecento, il cui monologo sull’acquario contenuto nella raccolta TingelTangel “mi ha segnato nel profondo”.
Sul piano più generale della scrittura ha invece letto e riletto i testi di Simenon, per il quale ammette di essere pazzo di stima. Rivolgendosi ai giffoner afferma:
“I grandi maestri ci aiutano a crescere, a migliorare, a tirare fuori il meglio di noi. In generale il rapporto con gli altri è fondamentale e un artista non deve mai mettere le distanze dalla vita reale. Allo stesso tempo, però non fatevi mai influenzare negativamente dal giudizio di chi vi sta intorno. Credete fino in fondo nei vostri sogni e inseguiteli senza perdere tempo e senza mollare“.
Nella Sala Verde della Multimedia Valley entra il fondatore di Giffoni, Claudio Gubitosi. L’abbraccio con l’artista italiano è pieno di affetto e amicizia e Albanese dice:
“Voi giffoner avete il privilegio di vivere un festival bellissimo in un posto bellissimo. Io giro l’Italia e non è facile trovare uno spazio come questo. Qui c’è un’atmosfera unica. Si respira cultura. E la cultura è sacra perché fa conoscere e riflettere, dà la forza di vivere e convivere con gli altri restituendo centralità al pensiero e al silenzio dell’ascolto”.
Sul concetto Albanese insiste:
“La cultura proprio per questa ragione ha il potere di far splendere e salvare l’uomo”.
Tutti i ragazzi della sezione più diciotto si alzano in piedi. Le mani si prendono a piacevoli ceffoni una con l’altra. Applausi a scena aperta. Standing ovation.