Scafati, l’ultimo messaggio di Alessandro 21 anni morto sul lavoro: “Basta, non voglio più lavorare in nero e senza sicurezza”

Sono cinque le persone indagate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore: il datore di lavoro Angelo Vitiello, il direttore dei lavori Vittorio Cesarano, il direttore del cantiere Raffaele Santonicola, il responsabile dei lavori Angelo Nicosia, e Angela Semioli

Il ventunenne Alessandro Panariello, l’operaio edile morto in un incidente sul lavoro avvenuto Venerdì scorso in un cantiere di Scafati aveva spesso litigato con il datore di lavoro a causa delle precarie condizioni di sicurezza e per il mancato inquadramento contrattuale. “Non voglio più lavorare per lui, non mi vuole assumere, basta lavorare a nero e per pochi soldi”, uno degli ultimi messaggi WhatsApp che Alessandro aveva inviato alla fidanzata Annachiara.

Panariello stava lavorando in un cantiere per la ristrutturazione di un palazzo nel pieno centro della città. E’ stato ucciso da una lastra d’acciaio caduta dalla carrucola con cui stava sollevando dei materiali.

Sono cinque le persone indagate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore: il datore di lavoro Angelo Vitiello, il direttore dei lavori Vittorio Cesarano, il direttore del cantiere Raffaele Santonicola, il responsabile dei lavori Angelo Nicosia, e Angela Semioli. Tutti sono difesi dall’avvocato Maria Rispoli.

Alessandro Panariello

Intanto, la mamma di Alessandro, Flora e la fidanzata Annachiara, assistite dagli avvocati Gennaro Caracciolo e Agostino Russo dello Studio Forensis si sono recate dai carabinieri della Tenenza di Scafati per presentare una una denuncia contro il datore di lavoro, Angelo Vitiello, indicandolo come il principale responsabile della tragedia


Secondo quanto raccontato dalle due donne, Alessandro aveva abbandonato la scuola già da sette anni per contribuire al sostentamento della famiglia, lavorando in nero come operaio edile per la ditta Arco Legno srl. Anche venerdì, giorno dell’incidente, stava prestando servizio per questa azienda. Più volte, come hanno riferito Flora e Annachiara, Panariello aveva richiesto al datore di lavoro di regolarizzare la sua posizione contrattuale e di aumentargli la paga giornaliera, che ammontava a soli 50 euro. Inoltre, il giovane aveva spesso litigato con il datore di lavoro a causa delle precarie condizioni di sicurezza nei cantieri, tanto che in diverse occasioni aveva interrotto il lavoro e se n’era tornato a casa.

Il cantiere dove è avvenuto l’incidente


Nella denuncia è stato sottolineato come anche il giorno dell’incidente, il 21enne avesse manifestato il proprio malcontento. Infatti, in una chat con la compagna, Alessandro le aveva inviato un messaggio audio in cui esprimeva la volontà di non lavorare più per l’azienda, a causa delle continue tensioni con il titolare e delle condizioni lavorative insicure.


La morte di Alessandro Panariello ha suscitato profonda commozione e indignazione nella comunità locale, e ha riacceso il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulla piaga del lavoro nero. La tragedia mette in luce, ancora una volta, la necessità di interventi concreti e stringenti per garantire la sicurezza dei lavoratori e il rispetto delle normative vigenti in materia di lavoro.


Il procedimento giudiziario avviato dalla Procura di Nocera Inferiore, che vede cinque persone indagate, rappresenta un primo passo verso l’accertamento delle responsabilità e la giustizia per la giovane vittima e la sua famiglia. La morte di Alessandro non ha solo colpito profondamente la madre, ma ha anche lasciato un vuoto nella vita della giovanissima fidanzata Annachiara, che viveva con lui e Flora in un garage adibito a casa a Poggiomarino. La giovane, con un passato difficile alle spalle, aveva trovato un rifugio nella famiglia di Alessandro.

Sulla vicenda è sgnificativo il silenzio delle organizzazioni sindacali confederali e di categoria di Cgil, Cisl, Uil. Tra l’altro è singolare che un cantiere di ristrutturazione aperto nel pieno centro di Scafati non sia stato visitato dagli operatori di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal o segnalato all’ispettorato del lavoro e Asl di competenza. Esempio classico di sindacato consociativo e burocratico che predica bene, rilascia puntualmente dichiarazioni retoriche in Tv e razzola male.

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