La concorrenza delle multinazionali: nel 2022 spariti due piccoli negozi ogni ora

Drammatici gli ultimi dati elaborati dalla Confesercenti da fonti delle Camere di Commercio

La concorrenza delle grandi multinazionali, catene di distribuzione e gli acquisti online stanno provocando la chiusura dei negozi di quartiere. Ormai sono diventate rare le mercerie, i negozi di lingerie, dei piccoli elettrodomestici, i ferramenta e le cartolerie, per non dire di librerie, profumerie e negozi di dischi.

Drammatici gli ultimi dati elaborati dalla Confesercenti da fonti delle Camere di Commercio, lasciano poche speranze.

Aprire, creare un’impresa nel commercio al dettaglio sono progetti sempre più complicati da realizzare. Nel 2022 sono state aperte solo 22.608 nuove attività , il 20,3% in meno del 2021.

Un numero insufficiente a compensare le oltre 43mila imprese che hanno chiuso definitivamente, con un bilancio negativo per oltre 20mila unità , per una media di oltre due negozi spariti ogni ora.

Con sole 22.608 nuove aperture siamo al dato più basso degli ultimi dieci anni, e inferiore anche rispetto al 2020, anno del Covid e del lockdown, che comunque aveva registrato l’arrivo sul mercato di oltre 25mila imprese del commercio mentre nel 2019, le aperture erano state 29mila.

La ripartenza post-pandemia non è riuscita a infondere nuovo slancio alle piccole imprese del commercio al dettaglio – dice Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti – Aprire una nuova attività  di commercio di vicinato, in un mercato dominato da grandi gruppi e giganti dell’online, è sempre più difficile“.


Il calo delle nuove aperture è rilevante soprattutto in Sardegna (-33,2% rispetto al 2021), Piemonte (-29,3%) e Umbria (-27,3%). Ma la desertificazione delle attività  commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, anche se a registrare i saldi peggiori sono le regioni con un tessuto commerciale più sviluppato. In termini assoluti, a riportare la perdita più rilevante è la Campania, con un saldo negativo di -2.707 negozi; seguono, a stretta distanza, il Lazio (-2.215) e la Sicilia (-2.142). Perdite rilevanti anche in Lombardia (-2.123), Piemonte (-1.683), Toscana (-1.479), ed Emilia-Romagna (-1.253).

In termini relativi, però, la perdita peggiore è quella registrata dalle Marche, dove il calo percentuale delle imprese del commercio attive, rispetto al 2021, è dell’8,8%: quasi una su dieci. Seguono Friuli-Venezia Giulia (-4,7%) e Molise (-4,4%). Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità  è calato, rispetto al 2012, del 14,3% circa. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, ormai, ci sono solo 6,9 imprese del commercio ogni mille abitanti; in Friuli-Venezia Giulia 7,8, e in Lombardia 8,4.

Nelle regioni del Sud il tessuto del commercio resiste un po’ di più, in particolare in Campania (19,7 imprese ogni mille abitanti), Calabria (18,7) Sicilia e Puglia (entrambe con 15,1)

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest