I dati Istat come un macigno sullo storytelling dell’ottimismo: nel 2016 non si è osservata una riduzione dell’indicatore di grave deprivazione materiale, corrispondente alla quota di persone in famiglie che sperimentano sintomi di disagio. Tale quota si attesta sempre all’11,9%
Se ancora vi fosse bisogno di prove per affossare la garrula narrazione sulla ripresa degli ultimi anni, ecco quelle definitive. “Nonostante il miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, nel 2016 non si è osservata una riduzione dell’indicatore di grave deprivazione materiale, corrispondente alla quota di persone in famiglie che sperimentano sintomi di disagio. Secondo i dati provvisori del 2016, tale quota si attesta all’11,9%, sostanzialmente stabile rispetto al 2015”. Sulla povertà in Italia non si migliora di un millimetro, afferma il direttore del dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, Roberto Monducci, in audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio del Parlamento. Gli ultimi dati dell’istituto di statistica sono una frustata per gli aedi dello zuccheroso (e finto) storytelling dell’ottimismo: l’Italia è tra i Paesi europei con il tasso di occupazione degli under 35 più basso in Europa, gli investimenti sono in calo per il settimo anno consecutivo, tra le criticità più vistose. E se la quota di persone che sperimentano condizioni di grave deprivazione materiale è stabile rispetto all’anno precedente, tra il 2015 e il 2016 l’indice di grave deprivazione peggiora per le persone anziane (65 anni e più), passando dall’8,4% all’11,6%. In lieve diminuzione, invece, la quota della popolazione con meno di 18 anni, pari al 12,3% (pari a 1 milione e 250 mila minori). Cifre che dovrebbero indurre il governo a riflettere: meno slogan autocelebrativi, più risorse per contrastare la povertà.