Truffa fondi integrazione migranti, 17 indagati a Caserta: coinvolti anche una suora e attivisti del centro sociale “ex Canapificio”

Le indagini sono partite dalla denuncia di un ex operatore ghanese licenziato

Truffa presunta sui fondi per i migranti: 17 indagati a Caserta. Gli indagati sono attivisti di un centro sociale l’ex Canapificio e altri, appartenenti alla Congregazione Suor Orsoline – Comunità Rut di Caserta. Le indagini sono partite dalla denuncia di un ex operatore ghanese del Centro sociale Ex Canapificio, licenziato.

La vicenda ha inizio con la denuncia di uno degli operatori che faceva parte del Centro Sociale Ex Canapificio di Caserta, che nel 2018 gestiva il progetto di accoglienza dei rifugiati, il cosiddetto Sprar.

Un sequestro, un’attività di indagine del pm Anna Ida Capone della procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Pierpaolo Bruni. Ventisette giorni fa, l’avviso della chiusura delle indagini cui potrebbe seguire la richiesta di rinvio a giudizio per 17 persone: attivisti dell’ex Canapificio e altre appartenenti alla Congregazione Suor Orsoline – Comunità Rut di Caserta, oltre al responsabile comunale del procedimento e ai revisori dei conti.

L’accusa è truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: la Procura ritiene che la gestione dei fondi per il progetto di accoglienza messi a disposizione dal ministero dell’Interno sia stata truffaldina.

Secondo i magistrati sammaritani, l’aggiudicazione dei progetti da 6 milioni di euro a favore di casa Rut e l’ex canapificio, gestita dal comune di Caserta in qualità di ente capofila dell’ambito dei servizi sociali c01, sarebbe stata irregolare.

I due enti del servizio sociale avrebbero presentato documentazione falsa per ottenere l’accoglimento la domanda del finanziamento per il triennio 2017/2019 relativo allo Sprar, ovvero il sistema di accoglienza che, dal 2020, ora si chiama Siproimi e ha allargato la portata del supporto non solo alle persone richiedenti asilo o riconosciute come rifugiate, ma anche chi ha una forma di protezione internazionale.

Risultano iscritti come indagati nel registro delle notizie di reato, il dipendente comunale, in pensione, Matteo Palmisani, anche il presidente del centro sociale ex Canapificio, Fabio Basile, suor Rita Giarretta, legale rappresentante la congregazione delle Suore Orsoline, Michelina Bruno, Bruno D’Agostino, Pietro Losco, questi tre revisori del progetto Sprar per i due enti di servizio sociale, gli addetti alla rendicontazione Massimo Cocciardo e Claudia Campolattano, il cassiere Giovanni Paolo Mosca, Immacolata D’Amico, coordinatrice del progetto, Domenica D’Amico, Vincenzo Fiano, responsabile dei rapporti con la politica e Virginia Anna Crovella, coordinatrice dei corsi di formazione, quest’ultimi due candidati alle elezioni del 2021 al consiglio comunale a supporto del candidato sindaco Raffaele Giovine, che poi decisero di supportare, assieme all’ex Canapificio, Carlo Marino al ballottaggio, portando voti decisivi alla vittoria contro Giampiero Zinzi.

Altri indagati sono Federica Maria Crovella, responsabile delle strutture alloggiative del progetto, Andrea Bartoli, addetto per il progetto agli alloggi ai corsi di istruzione, Gianluca Castaldi, rappresentante della Caritas diocesana di Caserta, e Riccardo Russo del servizio Centrale Sprar di fondazione Cittatalia.

Accusati, inoltre, di estorsione sono Fabio Basile e Giovanni Paolo Mosca, che avrebbero costretto due dipendenti ghanesi del centro sociale a restituire parte del loro stipendio, circa 800 euro, con la minaccia che, se non avessero accettato questo accordo, sarebbero stati licenziati.

Contestato il reato di falso, poi, anche a Matteo Palmisani, Michelina Bruno, Bruno D’Agostino e Pietro Losco che avrebbero attestato falsamente la regolarità di tutti i dati della documentazione contabile nel 2018 e nel 2019, in modo tale da ricevere dalla direzione Sprar del Viminale la liquidazione delle varie rate dell’importo del finanziamento da 6 milioni di euro.

Accusati, inoltre, di estorsione sono Fabio Basile e Giovanni Paolo Mosca, che avrebbero costretto due dipendenti ghanesi del centro sociale a restituire parte del loro stipendio, circa 800 euro, con la minaccia che, se non avessero accettato questo accordo, sarebbero stati licenziati.

Contestato il reato di falso, poi, anche a Matteo Palmisani, Michelina Bruno, Bruno D’Agostino e Pietro Losco che avrebbero attestato falsamente la regolarità di tutti i dati della documentazione contabile nel 2018 e nel 2019, in modo tale da ricevere dalla direzione Sprar del Viminale la liquidazione delle varie rate dell’importo del finanziamento da 6 milioni di euro.

Accusati, inoltre, di estorsione sono Fabio Basile e Giovanni Paolo Mosca, che avrebbero costretto due dipendenti ghanesi del centro sociale a restituire parte del loro stipendio, circa 800 euro, con la minaccia che, se non avessero accettato questo accordo, sarebbero stati licenziati.

In una nota gli attivisti del centro sociale ex Canapificio sostengono di essere sereni “consapevoli di poter dimostrare la nostra estraneità alle ipotesi di reati infamanti che ci vengono addebitati. Orgogliosi della comunità solidale e inclusiva che abbiamo avuto l’onore di contribuire a costruire in questo Paese e in questa città. Un impegno a cui non verremo meno, a cui continueremo a dedicarci con la nostra passione, col nostro solito slancio, con la nostra caparbietà”

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