
Secondo Università.it, tra manuali e corsi di preparazione si parlerebbe di cifre che vanno dagli 800 ai 4.200 euro per ogni singolo partecipante ai test
Da anni si parla e si scrive del giro di affari sulla pelle degli studenti che sognano di diventare medici che sono costretti a sostenere ridicoli test per l’accesso al numero di posti limitati alle facoltà di Medicina.
Un business che supera i 4 milioni di euro.
I più colpiti gli studenti appartenenti a famiglie povere. Secondo Università.it, tra manuali e corsi di preparazione si parlerebbe di cifre che vanno dagli 800 ai 4.200 euro per ogni singolo studente.
Dunque, cricche affaristiche lucrano sui sogni dei ragazzi, creando evidenti disparità tra studenti con minori e maggiori possibilità economiche.
E le spese sono notevoli tra libri, simulazioni (i colossi dei test di ammissione universitari, da Alphatest a Testbusters, hanno visto triplicare i ricavi tra manuali) e soprattutto corsi di preparazione che nelle scuole private arrivano a costare anche 2000-3000 euro.
Corsi che anche nelle università pubbliche non sempre sono gratuiti. Anzi, ci sono atenei, come l’Università del Piemonte Orientale, dove per il corso di preparazione al test di ammissione a medicina si richiede una quota di 900 euro.
E così, chi può economicamente, si prepara bene, aumentando la probabilità di superare il test. Chi non può, non lo fa.
Intanto la petizione online lanciata su Change.org dal Comitato per l’abolizione del numero chiuso a Medicina, ha raccolto 40 mila firme in 48 ore. I promotori chiedono alla ministra Bernini di “prendersi le sue responsabilità” affinché sia rivisto “profondamente il sistema d’accesso alla formazione medica considerando improcrastinabile l’abolizione del numero chiuso. Il metodo attuale d’accesso alle professioni mediche non tiene infatti conto né delle esigenze reali del nostro sistema sanitario né prevede un sistema di selezione legittimo e meritocratico“.
La casta dei medici e dei rettori vogliono mantenere il numero chiuso. La petizione ha spinto della Conferenza dei rettori, Salvatore Cuzzocrea, a intervenire personalmente. “Immaginare un accesso generalizzato alla facoltà di Medicina significa programmare di fatto un drastico crollo dell’indiscussa qualità dei corsi che in Italia formano medici e chirurghi, e minare il riconoscimento europeo della laurea stessa”, ha spiegato Cuzzocrea.
La petizione non è piaciuta neppure all’Ordine dei medici.
“Far saltare il numero programmato significherebbe consentire a tutti di poter accedere a Medicina, senza salvaguardare la qualità della formazione, che oggi il mondo ci invidia” – evidenzia il presidente Fnomceo, Filippo Anelli.
La casta dei baroni difende la situazione attuale. Noi siamo convinti, invece, che l’abolizione del numero chiuso cancellerebbe il business sulla pelle degli studenti e delle loro famiglie e aiuterebbe a ripristinare un po’ di giustizia sociale. L’abolizione del numero chiuso rimane prioritaria sia per l’attuale situazione di crisi del sistema sanitario nazionale, sia perché la formazione deve essere liberamente accessibile a tutte e tutti, non può essere una competizione e non può essere ostacolata con barriere di accesso.
Ciro Crescentini