Sanità, il piano del governo per ridurre i tempi di attesa

Valutazione positiva delle organizzazioni sindacali

Il nuovo Piano per il governo delle liste d’attesa vuole “avvicinare ulteriormente la sanità pubblica ai cittadini”. Individua l’elenco di prestazioni ed esami diagnostici soggetti al monitoraggio e prevede il rispetto, da parte delle Regioni, dei tempi massimi di attesa per ciascuno. Confermate le 4 classi di priorità da indicare nelle prenotazioni di specialistica ambulatoriale (dalla più alla meno urgente), ma riduce il limite massimo per quelle a priorità programmata (non urgenti) da 180 giorni a 120. I Direttori Generali saranno rimossi se non garantiscono visite ed esami medici entro il tempo massimo previsto e una gestione trasparente delle prenotazioni da parte delle strutture,  istituito un osservatorio nazionale sulle liste d’attesa di cui faranno parte anche i cittadini, la riduzione dei tempi massimi previsti per ottenere le prestazioni non urgenti. Altra importante novità: blocco delle prestazioni in intramoenia in caso di criticità, ovvero di prolungamento dell’attesa entro i tempi massimi previsti.

Il nuovo Piano nazionale del Governo per le liste d’attesa 2018-2020, appena approvato con l’Intesa Stato Regioni, può essere uno strumento a tutela del diritto alla salute e alle cure dei cittadini, ma sarà davvero attuabile solo se verranno stanziate nuove risorse”. È quanto dichiarano i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Rossana Dettori, Ignazio Ganga e Silvana Roseto. “Il Piano è per alcuni aspetti condivisibile, altri punti invece sono da precisare meglio, come ad esempio i percorsi di tutela per il cittadino, e la distanza e l’accessibilità alle strutture. Per la sua concreta attuazione e valutazione serve, a livello nazionale, regionale e aziendale, il confronto con il sindacato. Un dialogo con le Categorie sull’organizzazione del lavoro e il personale, e con le Confederazioni, che rappresentano milioni di lavoratori e pensionati, sulla partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni. Il primo passo deve essere l’apertura di un confronto sul nuovo Patto per la Salute”, concludono i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil

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