La Dda di Napoli: ancora forte la pressione del clan Longobardi-Beneduce, incide sul tessuto già indebolito dalla crisi
POZZUOLI – Una morsa che non si allenta, nonostante inchieste, arresti e condanne definitive. Pozzuoli e l’area flegrea sono sempre sempre sotto la sferza del racket. Un quadro allarmante emerge dalla Dda di Napoli, che nelle ultime 24 ore ha visto eseguire altri provvedimenti restrittivi contro il clan egemone Longobardi-Beneduce. Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata in carcere al capoclan Gennaro Longobardi, sulle spalle una condanna definitiva per associazione camorristica, condannato anche all’abbreviato a 14 anni. L’ultima sentenza riguarda presunte estorsioni lunghe un decennio nei confronti di un imprenditore locale. Fatti per cui era stato sottoposto a custodia in carcere assieme all’altro boss Gaetano Beneduce e ad altri affiliati, ma annullata dal Riesame. Il gip, nel ripristinare la misura, ha sottolineato che resiste la forza intimidatrice di Longobardi sul territorio, nonostante sia in carcere da 12 anni. A riscuotere il pizzo ci pensano infatti nuovi affiliati. Uno scenario confermato dall’ordinanza di custodia in carcere eseguita ieri nei confronti di Giuliano Palumbo, arrestato lo scorso dicembre, seguito dietro le sbarre dal sodale Gustavo Troise. Sono entrambi accusati di aver richiesto la “rata” di Natale ad un imprenditore per conto degli “amici di Quarto”. Il Comune dove è presente, secondo il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, “una delle più rilevanti roccaforti del clan”. I Longobardi-Beneduce sembrano impermeabili alle raffiche di arresti e mostrano “ancora segni evidenti di vivacità criminale, incidendo sul tessuto economico flegreo, già in sofferenza per la crisi economica globale”.