Il sindaco Gaetano Manfredi e i consiglieri comunali continuano ad attuare la politica del rinvio
Terme di Agnano, azienda di proprietà del Comune di Napoli ha deciso di presentare istanza di concordato preventivo al Tribunale di Napoli. La scelta aziendale è stata comunicata ai 18 dipendenti dall’attuale liquidatore Pietro Paolo Mauro. Scelta aziendale che sarebbe stata concordata con il sindaco Gaetano Manfredi, l’assessore al turismo e alle attività produttive Teresa Armato, il direttore generale del Comune, Pasquale Granata.
Una domanda di concordato preventivo proposta non per regolare seriamente la crisi aziendale con un programma credibile di rilancio ma avanzata unicamente per procrastinare la dichiarazione di fallimento. Oggi la società Terme di Agnano ha un debito verso i dipendenti, fornitori, ex affidatari e vari di oltre 15 milioni di euro, tra cui gli stipendi degli attuali 18 lavoratori da febbraio 2023 ad oggi, più Aprile, Maggio, Giugno 2022, le tredicesime e le quattordicesime, le differenze in busta paga della Fis 2020 e 2021.
Dal punto di vista oggettivo, presupposto del concordato preventivo è lo stato di crisi aziendale ricercando un accordo con i creditori per evitare la dichiarazione di fallimento.
Il concordato preventivo bloccherebbe immediatamente ogni situazione finanziaria in sospeso e si tradurrebbe per i 18 dipendenti in un “congelamento” di tutti gli stipendi arretrati. Entro sessanta giorni l’azienda dovrebbe presentare un piano di sostenibilità produttiva e finanziaria volto a ottenere il via libera dal Tribunale. Nel frattempo si dovrà capire se vi è qualche interesse sull’azienda da parte di possibili investitori.
il Tribunale potrebbe, però, dichiarare inammissibile la domanda di concordato preventivo per mancanza dei requisiti prescritti per legge e dall’inaffidabilità del piano di rilancio aziendale.
Emerge una situazione ambigua e anomale sul piano politico e aziendale. Eppure, le Terme di Agnano hanno un patrimonio stimato di 90 milioni. Un patrimonio che stando ad alcune indiscrezioni trapelate dal “Palazzo” potrebbe essere venduto a “prezzi stracciati” a noti imprenditori flegrei vicini all’area del partito Democratico.
E non finisce qui. Disastrose le scelte politiche e amministrative assunte dalle precedenti amministrazioni comunali. I reparti più produttivi delle Terme sono stati affidati ad un privato che gestisce piscine termali all’aperto, centro benessere e un parcheggio. E in questa “area privata”, spesso, vengono organizzati convegni e iniziative locali e nazionali del Partito Democratico.
Sulla vertenza in corso è emersa la totale inettitudine e indifferenza dei consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione che si sono limitati a presentare generici “ordini del giorno” per esprimere ipocrita solidarietà per i 18 dipendenti che rischiano il lavoro e sono creditori di ben 18 mesi di salari. Ordini del giorno che puntualmente si sono rivelati documenti inutili e non vincolanti.
E’ francamente singolare che un’azienda partecipata comunale rischia di essere svenduta a piccole lobby locali nell’indifferenza degli esponenti istituzionali e consiliari di Palazzo San Giacomo e di Via Verdi. Una vicenda ambigua che meriterebbe di essere attenzionata dalla Procura della Repubblica di Napoli.
Intanto, i 18 lavoratori e lavoratrici guidati dal Si Cobas, organizzazione sindacale di base indipendente, annunciano altre iniziative di lotta e non si lasciano condizionare
“Il Comune ha attuato la solita politica del rinvio, aveva deciso da tempo di presentare l’istanza di concordato preventivo – dicono i lavoratori – senza prendere in considerazione la proposta di approvare un provvedimento straordinario di giunta, sostenuto dal consiglio comunale, per pagare gli stipendi. Andiamo avanti sul piano sindacale e legale“.
Il Comune enfatizza la richiesta del concordato. L’assessore alle Attività Produttive Teresa Armato sostiene che “si tratta di un ulteriore importante avanzamento messo in atto dal liquidatore della società, dott. Pietro Mauro, che già da tempo stava concentrando il suo impegno su una delle ipotesi contemplate dal nuovo codice della crisi d’impresa”.
Ciro Crescentini