Napoli, protesta fuori alla Federico II: “Via baroni e patriarcato”

Sit-in del Collettivo Autorganizzato Universitario, dopo le rivelazioni sull’inchiesta in cui è accusato il professore Scala

“Fuori il patriarcato e i baroni dall’università”. Protesta ieri del Collettivo Autorganizzato Universitario Napoli, fuori alla sede di Giurisprudenza della Federico II. La facoltà “dove l’ormai ex professore Angelo Scala insegnava” sottolineano gli attivisti, parlando dell’inchiesta sul docente di procedura civile. Scala è accusato di corruzione e induzione a dare o promettere utilità. I dimostranti hanno esposto uno striscione, firmato anche dal centro sociale Ex Opg-Je so’ pazzo. “Abbiamo sentito la necessità di dare un forte segnale di solidarietà e ascolto – dichiara il collettivo studentesco – alle studentesse e agli studenti coinvolti in quello che è l’ennesimo abuso di potere patriarcale e baronale a cui assistiamo all’interno dei luoghi della formazione. Sappiamo bene infatti che non si tratta di un caso isolato e che non rimarrà l’ultimo a meno che non continuiamo ad attivare reti di controllo popolare e solidarietà tra studenti e studentesse all’interno delle nostre sedi universitarie”. Per gli attivisti “imporre, proporre e filmare prestazioni sessuali in cambio di esami sistematicamente e alla luce del giorno, secondo quanto riferito sul professore da diversi studenti nonché dal gip incaricato del giudizio, vuol dire poter fare conto su una rete di potere solida e complice”. E quindi “è evidente che le nostre Università, le nostre Scuole ricalcano ed esasperano quello che è un modello patriarcale di cui è intrisa la nostra società, regolata da rapporti di potere diseguali, privilegi e status”. Nella riflessione del collettivo, “nessuno può dirsi soddisfatto di un’istruzione del genere che anziché favorire lo sviluppo personale e collettivo degli studenti si limita a ricalcare un modello individualista e divisivo, basato sul ricatto e la competizione sfrenata, la velocità in nome di un futuro incerto”. Il Cau rivendica, dunque, “il bisogno di luoghi della formazione che non siano esamifici. Vogliamo un’Università, una Scuola, basate su una maggiore democrazia interna e un potere decisionale maggiore nella definizione della didattica a favore di chi vive in prima persona i luoghi della formazione: gli studenti”. E ancora: “Vogliamo un’Università e una Scuola che forniscono adeguati spazi di socialità e confrontano, che possono assolvere alla funzione di veri e propri presidi di controllo popolare, composti da studenti e studentesse che dal basso possono controllare le istituzioni e denunciarne gli abusi sentendosi dall’altra parte tutelato e supportato da una comunità”. E non manca una critica alla fase 2, che “si riapre come un ritorno alla ‘normalità’, a ciò che pare sia sempre stato per quanto ingiusto sia stato. Una ritorno alla ‘normalità’ che ha dato già di nuovo morti sul lavoro, mari e fiumi nuovamente inquinati e che anche all’Università non tarda ad arrivare come una conferma di uno status quo inaccettabile”. Infine la promessa: “Noi non torneremo alla normalità, perché evidentemente la normalità era il problema”.

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