Domani la protesta dei comitati per l’acqua pubblica fuori al consiglio regionale
NAPOLI – In presidio fuori al Consiglio regionale, mentre in aula si discute una mozione per modificare la normativa sul servizio idrico integrato, da loro ispirata. Comitati per l’acqua pubblica sul sentiero di guerra: la manifestazione è per domani alle 11 al centro direzionale, per dire no alla legge approvata per volontà della giunta Caldoro a fine anno. “Nonostante la chiara e larga volontà dei cittadini – afferma il coordinamento campano per l’acqua pubblica – di sottrarre l’acqua al profitto considerandola un bene essenziale primario da garantire a tutti, i tentativi di privatizzazione e di speculazione sull’acqua, messi in piedi dalle multinazionali dell’acqua, non si sono fermati”. Alla Regione Campania si imputa di non ostacolare questo disegno. Come? “Prima, evitando di adottare l’apposita normativa regionale di riordino del settore, ha determinato un ingiustificato prolungamento del commissariamento ben oltre i 6 mesi previsti dalla legge; consentendo quindi il mantenimento della fallimentare gestione Gori”.
Oltre a questo, la delibera di Giunta approvata lo scorso 30 dicembre, in attuazione dello Sbloccaitalia, istituisce l’Eiato (Ente Idrico Ambito Territoriale Ottimale), “una struttura in cui tutti i poteri sono concentrati in poche mani”. Nel mirino dei comitati civici anche il disegno di legge dell’assessore Romano, approvato in VII Commissione, che prevede l’Ato unico regionale. Un organo di 12 componenti, che dovrebbero prendere decisioni sul servizio idrico di tutta la Regione. “Tra l’altro – insistono i comitati – in tale disegno di legge si modificano i confini delle gestioni esistenti favorendo ancora una volta la Gori s.p.a. a cui vengono attribuiti altri 24 comuni tra provincia di Napoli, Avellino, Caserta e Cava de’ Tirreni”. Al centro delle accuse, insieme alla giunta regionale, finisce sempre la Gori, società detenuta dall’Acea quindi dal Comune di Roma (socio maggioritario) e dall’onnipresente Caltagirone.
I comitati chiedono una legge che “rispetti la democrazia e promuova la partecipazione dei cittadini, che rispetti il risultato referendario, attivando la gestione pubblica dell’acqua”. Con calma: dalla consultazione popolare sono passati appena 4 anni.