Corte dei Conti, a marzo il ricorso di Bassolino per scansare la condanna milionaria

Sull’ex governatore dopo due gradi pende una condanna da 3,2 milioni per danno erariale nel caso del call center fantasma. Gli è rimasto il rimedio straordinario della revocazione per evitare il salasso. La partita giudiziaria incrocerà le prossime tappe elettorali

NAPOLI – La sezione centrale della Corte dei conti giurisdizionale ha fissato a marzo l’udienza per la trattazione del ricorso dell’ex governatore, condannato in appello al pagamento di 3,2 milioni per danno erariale. Ma della condanna presso la Corte dei conti Antonio Bassolino non parla volentieri. Come riporta Metropolis, la partita giudiziaria sarà uno snodo delle prossime tappe elettorali. Una storia di presunti sprechi esplosa dal bubbone dell’emergenza rifiuti, con l’illegittima approvazione del Pan, il call center fantasma del commissariato di governo che assunse lsu. Sarà un giudizio dal carattere straordinario come prevede la natura del ricorso per revocazione. L’unica via percorribile dopo i due gradi ammessi dalla giurisdizione contabile. Un processo quindi dai tempi rapidi. E’ possibile che occorra una sola udienza per accertare l’esistenza dell’errore di fatto invocato dall’ex commissario Bassolino. Secondo lui la Corte dei conti avrebbe sbagliato nell’attribuire il danno al progetto effettivamente approvato dal commissariato. Agli atti risulterebbe infatti un pregiudizio causato dal progetto successivamente approvato dall’Arpac. Definito il giudizio, l’ultima spiaggia per evitare la mazzata milionaria, il tempo scorrerà fino al deposito della sentenza. Un arco temporale che può andare dall’uno ai due mesi. Un orologio da sincronizzare col timing delle battaglie politiche. Il sette marzo Bassolino affronterà le primarie. Una competizione in cui rimarrà solo sullo sfondo l’ombra della condanna, in attesa della decisione sul ricorso. Ma un’eventuale pronuncia sfavorevole potrebbe raggiungere l’ex sindaco ai nastri di partenza per Palazzo San Giacomo. E farebbe da detonatore ad una campagna elettorale che già si annuncia all’insegna dei colpi proibiti. Senza dimenticare che il call center non è l’unica grana di Bassolino alla Corte dei conti. Su di lui pende anche un’altra condanna in primo grado per danno erariale. Una montagna grande 8 milioni di euro. Anche qui c’entrano i lavoratori socialmente utili: da commissario alle bonifiche Bassolino non avrebbe adempiuto ad un’intesa del 2002 che ne prevedeva l’utilizzo per un massiccio piano di risanamento ambientale. Un passato che ritorna e lo perseguita, sbucando dal groviglio di norme, competenze e pressioni politiche durante gli anni delle emergenze. Macigni di cui non si può liberare sul ring del confronto con gli altri contendenti alla poltrona di sindaco. Ma che non gli possono impedire di tentare la terza volta il salto al Comune. La norma sull’incompatibilità vieta la candidatura a chi non ha risarcito l’ente locale di cui aspira a diventare amministratore. Bassolino, se condannato, dovrebbe invece risarcire la presidenza del Consiglio. Così hanno stabilito i giudici di appello nella sentenza del marzo scorso, ribaltando la decisione che in primo grado individuava il danneggiato nella Regione. Quanto basta per poter correre senza equivoci alle comunali. Non abbastanza magari per schivare le bordate degli avversari. Bassolino dovrà giustificarsi per quel garbuglio del progetto Sosa definito di “sostanziale inutilità” dai giudici contabili. Un carrozzone da 3,3 milioni tirato su mentre la Campania annaspava tra i sacchetti, ispirato non da necessità ambientali ma da “finalità di stabilizzazione occupazionale” dei disoccupati. Un’altra emergenza che però nulla aveva da spartire con la catastrofe rifiuti. “Riguardava lavoratori lsu, mica me” si è sempre difeso Bassolino dalle accuse di chi lo attaccava per le malversazioni della casta, respingendo il paragone coi politici che si arricchiscono. E se provate a chiedergli come farebbe a restituire allo Stato quella valanga di milioni, vi risponderà che lui rispetta la legge e “pago quello che ho”. Cioè un quinto dello stipendio. Decideranno gli elettori se sarà l’indennità da sindaco o il sostanzioso doppio vitalizio da ex governatore ed ex parlamentare.

(Foto Antonio Bassolino/Fb)

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