Casalesi, nuovi capi ed alleati: 19 arresti. Sequestrati figli di affiliato che voleva pentirsi

Nell’indagine L’intesa tra i gruppi Venosa, Zagaria, Iovine e Bidognetti e le cosche di Mondragone e Sessa Aurunca. Scoperta cava con rifiuti tossici

NAPOLI – Un accordo stipulato tra il cartello dei Casalesi, guidato dalla famiglia Schiavone, e i clan Fragnoli ed Esposito. Tre cosche consorziate dopo l’arresto dei boss, per gestire gli affari illeciti e dividere equamente i proventi di estorsioni e tangenti sugli appalti. E’ quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del Ros coordinate dalla Dda di Napoli, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e il pm Catello Maresca che ha portato all’esecuzione oggi di 19 ordinanze di custodia. Il nuovo sodalizio avrebbe costituito una sorta di joint venture per ripartire i proventi e assicurare il mantenimento dei boss detenuti.

 

L’INDAGINE  – Beni per un valore di 34 milioni di euro, tra terreni e immobili, sono stati sequestrati dai carabinieri del Ros nel corso dell’operazione Azimut. La magistratura ha disposto anche il sequestro di una cava alle falde del monte Petrino, nel territorio di Mondragone, gestita da esponenti del clan dei Casalesi: all’interno erano stati versati rifiuti tossici tra cui l’amianto. Secondo le indagini, l’alleanza ha riguardato il vecchio gruppo Schiavone e le famiglie di Sessa Aurunca e Mondragone che un tempo ricoprivano ruoli di secondo piano. Il procuratore capo Giovanni Colangelo sottolinea che l’accordo sarebbe servito “per evitare un vuoto di potere che avrebbe potuto provocare una conflittualità”. L’intesa tra i gruppi Venosa, Zagaria, Iovine e Bidognetti prevedeva una gestione unitaria delle casse del clan.

 

BAMBINI SEQUESTRATI – Due bambini di 6 e 12 anni, figli di un esponente dei Casalesi detenuto che aveva manifestato intenzione di collaborare con la giustizia, sarebbero stati sequestrati per due giorni per costringere il padre a desistere dai propositi. È uno dei particolari emersi dall’inchiesta.  La scoperta grazie a una intercettazione ambientale con una cimice nell’auto di uno delle persone indagate. Massimo Alfiero, sicario dell’ala stragista capeggiata da Giuseppe Setola, condannato in via definitiva per alcuni dei più efferati delitti che nel 2008 insanguinarono il Casertano, aveva deciso nel 2013 di pentirsi. Al punto di rivelare agli inquirenti dettagli rilevanti dell’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, punito per aver denunciato gli estorsori. Ma dopo un colloquio in carcere con la moglie, ritrattò tutto. Alfiero aveva ammesso le sue responsabilità in ordine del delitto Noviello. Per lui arrivò una condanna a 30 anni.

 

 

 

ESTORSIONI – Tra gli episodi contestati, numerose sono le estorsioni. Tra queste una perpetrata sia dai Casalesi che dai mondragonesi a danno di un’azienda agricola titolare di una masseria a Sessa Aurunca, specializzata nell’allevamento di bovini e bufale da latte e nella produzione di latte.

 

 

GLI ARRESTATI

 

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