Camorra, il “pizzo sulla pizza”: 19 arresti a Napoli

Clan Sibillo, eseguite dai carabinieri 22 misure cautelari nella zona dei Decumani. Tra le vittime del racket storiche pizzerie: alcune pagavano e poi negavano di averlo fatto

Non è una novità il “pizzo sulla pizza” nel centro storico di Napoli. Semmai potrebbe essere una conferma, l’ultima operazione antiracket dei carabinieri del comando provinciale. Un blitz sfociato nell’esecuzione di 22 misure cautelari (16 arresti in carcere, 3 ai domiciliari e 3 divieti di dimora nella provincia di Napoli), emesse dal gip Tommaso Perrella, su richiesta della Dda partenopea. Alcuni negozianti nel mirino, secondo le indagini, pagavano il “pizzo” al clan Sibillo, e poi negavano di fronte agli investigatori: temevano ritorsioni. Nei decumani, cuore della Napoli greca, la lista delle vittime era lunga. Tra i nomi anche storiche pizzerie come “Di Matteo”, “Il Presidente” e “Sofia”, il noto “Bar Max” e la salumeria e macelleria “Sole”. Tutti costretti a pagare per timore di ritorsioni, come accaduto a Di Matteo, cui lo scorso febbraio avevano sparato colpi di pistola contro le saracinesche: la colpa era di un disguido sulle somme da versare. Tra i destinatari dei provvedimenti Giovanni Ingenito e Giovanni Matteo, ritenuti reggenti della cosca. Sono cugini di Pasquale Sibillo, considerato uno dei baby boss della “paranza dei bambini”. Sibillo (già in carcere per altre cause), è un altro arrestato, con la moglie Vincenza Carrese, alias “Nancy”. La 26enne – secondo gli inquirenti – occupava una posizione apicale nell’organizzazione. Sarebbe stata lei a portare le cosiddette “imbasciate” (messaggi, ndr) del marito, ed a tenere sotto controllo la cassa, conteggiando le “entrate” e le “uscite”. Ma Nancy avrebbe riscosso anche il “pizzo”. Tra le accuse, l’aver convocato i titolari della pizzeria “Il Presidente”, per intascare il denaro settimanalmente. Tra l’estate 2016 e aprile 2017 avrebbero versato ai Sibillo 1900 euro. Le date dei “prelievi” erano quelle canoniche: Ferragosto, Natale e Pasqua, e le somme erano destinate, riferivano gli estorsori, “ai carcerati”. E se qualcuno ampliava i margini di guadagno, anche lontano da via dei Tribunali, doveva pagare di più. In una intercettazione la circostanza emerge chiaramente. Risale all’aprile 2017 e a parlare sono Giovanni Matteo e Giovanni Ingenito (entrambi sottoposti a fermo di pm lo scorso marzo, ndr): Ingenito: “…se la capretta (così gli indagati chiamano il titolare della pizzeria “Il Presidente”, ndr) dà altri 500 euro arriviamo a 1000 euro”; Matteo: “…almeno altri 1000 euro li deve dare, visto che si è aperto la pizzeria a Capri e sta facendo soldi a tonnellate”.

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