Tra i destinatari della misura cautelare per 9 indagati c’è Biagio Di Muro, ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere. Perquisite le abitazioni e gli uffici di Graziano, indagato per concorso esterno. Le accuse a vario titolo: associazione per delinquere di stampo camorristico, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio
Una bufera giudiziaria sul Pd per l’inchiesta su camorra e appalti nel Casertano. In carcere finisce Biagio Di Muro, ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere. Indagato Stefano Graziano, consigliere regionale e presidente del partito in Campania.
L’INDAGINE – Le accuse per gli arrestati sono, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo camorristico, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e turbativa d’asta nelle gare di appalto pubblico messe in atto anche per agevolare il clan dei Casalesi. Un terremoto giudiziario si abbatte sul Comune casertano di Santa Maria Capua Vetere. In manette finisce l’ex sindaco del Pd, Biagio Di Muro, in carica fino allo scorso dicembre. Sono nove le persone arrestate nell’ambito dell’operazione congiunta del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli della guardia di finanza e del Nucleo Investigativo di Caserta dei carabinieri. Lo scorso 6 aprile era stato arrestato Alfonso Salzillo, un ex assessore della giunta Di Muro, a sua volta coinvolto in un’indagine di camorra. I riflettori sono sull’appalto per i lavori di consolidamento di Palazzo Teti in via Roberto D’Angiò, già confiscato anni fa al padre di Di Muro. Secondo i pm della dda di Napoli la gara, che negli anni ha subito vari rallentamenti, sarebbe stata vinta da un gruppo di imprese ritenuto vicino al clan Zagaria. Ai domiciliari è finito il funzionario comunale Roberto Di Tommaso. Di Muro lo scorso luglio subì un perquisizione nell’ambito dell’inchiesta. La Dda ritiene che ci fosse un illecito accordo tra il costruttore Guglielmo La Regina, la cui società ha progettato i lavori di Palazzo Teti, e il rappresentante legale della società vincitrice dell’appalto, Marco Cascella i quali, per aggiudicarsi una gara da oltre 2 milioni di euro, avrebbero pagato tangenti a Di Muro e ad alcuni componenti della commissione di gara come Roberto Di Tommaso e Vincenzo Manocchio ottenendo così il punteggio utile a vincere. La mazzetta sarebbe stata di 100.000 mila euro, contabilmente mascherata da fatture emesse ad aziende compiacenti di un commercialista amico di La Regina, Raffaele Capasso e di un altro ingegnere, Vincenzo Fioretto, che per gli inquirenti è legato ad una donna, Loredana Di Giovanni, che avrebbe ricoperto il ruolo di intermediaria della tangente.
INDAGATO GRAZIANO, PRESIDENTE DEL PD – Nell’inchiesta è finito anche Stefano Graziano (nella foto), consigliere regionale e presidente del Pd Campania. Perquisizioni sono state effettuate nel suo ufficio presso la sede del Consiglio, al Centro Direzionale di Napoli, e nelleabitazioni di Roma e Teverola, nel Casertano. L’ipotesi di reato che si formula nel decreto di perquisizione è di concorso esterno in associazione camorristica. Al vaglio degli inquirenti sarebbe anche il presunto appoggio alle ultime regionali di imprenditore della ristorazione arrestato oggi. Gli inquirenti sospettano che Graziano si sarebbe posto ”come punto di riferimento politico ed amministrativo” del clan Zagaria. In una intercettazione tra l’imprenditore e Biagio Di Muro si parla del sostegno da assicurare a Graziano. Il presidente del Pd si sarebbe a sua volta impegnato per favorire il finanziamento dei lavori di consolidamento di Palazzo Teti, l’immobile al centro dell’inchiesta. Avrebbe dovuto agire per scongiurare che si perdesse il finanziamento facendolo trasferire in un diverso capitolato di spesa. Tale circostanza non è tuttavia ritenuta illecita dai magistrati. Graziano, deputato e consulente a Palazzo Chigi con Enrico Letta, ha annunciato di essersi autosospeso dal Pd.
IL GIP: “COMITATO D’AFFARI” – Gli indagati agivano nella continua e costante violazione delle norme preposte per il buon andamento della pubblica amministrazione e di trasparenza di assoluto controllo capillare di enti ed istituzioni”. Tutto ciò “in dispregio dei principi di trasparenza della pubblica amministrazione che rispondeva non alle necessità pubbliche e a quelle dei cittadini, ma solo alle esigenze delle persone legate al comitato d’affari”. Nell’ordinanza il gip Anna Laura Alfano descrive un sistema politico-affaristico in cui sarebbe spiccata “la pressante ingerenza di un imprenditore del clan” e del sindaco Biagio Di Muro”, che sarebbero appropriati di una “rilevante fetta nella gestione degli appalti pubblici ufficiali”, per ricavare tutti un vantaggio personale.
(Foto Stefano Graziano/Fb)