Camorra, colletti bianchi del clan Polverino: 7 arresti, riciclaggio nel mirino

 

Gli indagati sono 9: 3 finiti in carcere, 4 ai domiciliari e 2 destinatari del divieto di dimora. Tra le operazioni sospette  la costruzione di un centro sportivo al Vomero e di un centro commerciale nel Cosentino

Secondo quanto ricostruito dalla Dda, riferiscono il procuratore Giovanni Colangelo e il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, questi imprenditori, pur conoscendo perfettamente i trascorsi giudiziari della famiglia Simeoli, avrebbero agevolato la realizzazione di una serie di investimenti immobiliari gestiti da diverse società direttamente o indirettamente riconducibili a Carlo Simeoli. Militari dei nuclei di polizia valutaria di Roma e di polizia tributaria di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea, nei confronti di 9 persone, 3 delle quali in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 2 destinatarie del divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta. I destinatari sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione camorristico, reimpiego e intestazione fittizia di quote societarie, con l’aggravante specifica della finalità mafiosa, in quanto commessi per realizzare importanti operazioni finanziarie e immobiliari a vantaggio del clan camorristico dei Polverino.

Tra le iniziative imprenditoriali sospettate di riciclaggio, spiccano la costruzione di un centro sportivo con 120 box auto per un valore complessivo stimabile in oltre 10 milioni di euro nel quartiere Vomero a Napoli, i cui lavori sono stati bloccati per violazioni di natura urbanistica, e quella di un centro commerciale di notevoli dimensioni a Zumpano, provincia di Cosenza, con annesso cinema multisala.

 

Uno dei sottoposti a custodia è Carlo Simeoli, 52enne imprenditore edile facente parte dell’omonimo gruppo imprenditoriale di Marano. Simeoli è il genero di Angelo Simeoli, 74enne detto “bastone”, già colpito da misure cautelari personali e di sequestro dei beni per aver gestito un vasto gruppo societario nel settore edile e attivo nelle province di Napoli e Caserta, secondo gli investigatori utilizzato per riciclare i proventi illeciti generati dal clan Polverino. Secondo quanto ritenuto dal gip, le indagini hanno portato alla luce una fitta rete di relazioni personali e affaristiche tra Carlo Simeoli e alcuni professionisti napoletani, tra cui i fratelli Giovanni, Andrea e Luca De Vita, commercialisti, e Roberto Imperatrice, imprenditore operante nel settore della ristorazione.

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