Il 17enne del quartiere Barra di Napoli confessa l’omicidio. Gli inquirenti, intendono, però capire chi c’era insieme a lui nella notte tra venerdì e sabato. E per farlo, stanno anche esaminando le foto presenti sui profili social del minorenne in stato di fermo. Scatti che, insieme alla immagini visionate a più riprese, potrebbero dire tanto, anche perché in più di uno scatto si inneggerebbe all’uso delle armi.
Ha confessato il 17enne del quartiere Barra di Napoli, fermato per la morte di Santo Romano, il calciatore 19enne ucciso in una sparatoria a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), in piazza Raffaele Capasso a due passi dal Municipio. Il 17enne ha prima provato a negare gli addebiti, poi ha confessato di aver sparato “ma per difendermi”. Ieri pomeriggio, il ragazzo è stato fermato dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre del Greco con l’accusa di omicidio e tentato omicidio. Il ragazzo è stato individuato velocemente dagli inquirenti: ad incastrarlo la minicar con la quale si è allontanato da piazza Raffaele Capasso dopo la sparatoria nella quale è rimasto ferito un altro ragazzo di 19 anni, amico di Santo Romano. Ma i militari continuano ad indagare per cercare di risalire all’identità dei giovani e giovanissimi protagonisti della rissa nata per un pestata e una conseguente scarpa “sporcata”.
La stessa vettura indicata da più presenti: per qualcuno sarebbe stata lì già durante la rissa, per altri si sarebbe spostata per poi ripresentarsi poco prima degli spari. Sta di fatto che quella vettura, che si vede nelle immagini di videosorveglianza sequestrate dai carabinieri, era stata fermata appena il giorno prima per un controllo: a bordo proprio il 17enne, volto noto alle forze dell’ordine per precedenti legati in particolare alla droga e un arresto con custodia nel carcere minorile di Nisida conclusosi da non molto. Il ragazzo, al giudice che l’ha sentito durante le fasi dell’emissione del decreto di fermo nel centro di prima accoglienza dei Colli Aminei, avrebbe prima provato a discolparsi, poi avrebbe ammesso di avere sparato.
Gli inquirenti, però, intendono capire chi c’era insieme a lui nella notte tra venerdì e sabato. E per farlo, stanno anche esaminando le foto presenti sui profili social del minorenne in stato di fermo. Scatti che, insieme alla immagini visionate a più riprese, potrebbero dire tanto, anche perché in più di uno scatto si inneggerebbe all’uso delle armi.
L’avvocato Luca Raviele, legale del giovane, intervistato dal Tg1, ha spiegato che il 17enne “ha ammesso di aver sparato però per essersi difeso a seguito di una aggressione da parte di un gruppo di 4 -5 ragazzi. Ha delle problematiche di carattere psichiatrico, psicologico accertate dal Tribunale per i minorenni”. Lo stesso Tg1 ha intervistato il padre del 17enne: “Mi dispiace molto per questa famiglia perchè non doveva capitare proprio questa cosa. Chiedo tanto scusa, tanto perdono per quello che è successo”.
Oggi è anche il giorno della riflessione: proprio a San Sebastiano al Vesuvio è stata fissata una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato dal prefetto Michele Di Bari, mentre amici e parenti del 19enne hanno partecipato ad una veglia di preghiera alla presenza di don Ciro Cozzolino, referente dell’associazione Libera. C’erano tantissime persone a ricordare Santo Romano. Tanti amici, la squadra di calcio Micri nella quale giocava come portiere. Tra i partecipanti anche i genitori di Francesco Pio Maimone, 18 anni, ucciso la notte del 20 marzo 2023 tra gli Chalet di Mergellina. Lacrime e striscioni per chiedere giustizia per il giovane. In piazza anche i familiari di Santo. Oggi la sua squadra di calcio, il Micri, che milita nell’Eccellenza in Campania, non ha giocato in segno di lutto. E all’indomani dell’ennesimo omicidio che vede protagonisti ragazzi, Geolier, il rapper napoletano amatissimo dai giovani, scrive su Instagram: “Facili omicidi. La Napoli che non vorrei. Basta”. Maria De Luzenberger, procuratrice capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli, parla di “una generazione che è cresciuta violenta. Su internet i ragazzi hanno accesso a contenuti violenti, anche di sesso violento, senza controllo. In più in questi territori c’è una cultura di camorra. Vi è tutta una fascia grigia di ragazzi che non sono necessariamente implicati nella camorra, né sono figli di persone implicate con essa, ma respirano un clima di violenza“.