Napolitano contestato ieri in Senato durante il voto finale al ddl Boschi. Lo sfogo contro le accuse di Berlusconi

ROMA – Offeso, con regale incazzatura prende penna e calamaio e scrive al capogruppo forzista Romani per un supermonito. Re Giorgio, padre della riforma costituzionale, non digerisce le parole attribuite a Berlusconi ieri in Senato (“Napolitano non lo farei parlare”). L’ex cavaliere, senatore decaduto ma riapparso a Palazzo Madama nelle ore cruente del voto finale, secondo Libero ce la avrebbe con il presidentissimo emerito per il “golpe del 2011”. Quando lui in realtà si dimise senza nemmeno un voto di sfiducia, con la sua maggioranza sgretolata da parlamentari in fuga. Bersagliato in aula anche da un cartello di Scilipoti con la data dell’anno maledetto, Napolitano si indigna e protesta con la missiva. “Ho letto le frasi attribuite a Berlusconi – scrive l’ex capo dello Stato – parole ignobili, che dovrebbero indurmi a querelarlo, se non volessi evitare di affidare alla magistratura giudizi storico-politici; se non mi trattenesse dal farlo un sentimento di pietà verso una persona vittima ormai della proprie, patologiche, ossessioni”. E come afferma Repubblica, Re Giorgio non si limita all’invettiva epistolare. Si sfoga pure con Pier Ferdinando Casini. “Lui  – dice riferendosi a Silvio – si ricorda solo il 2011 ma dimentica il 2010 quando diedi 45 giorni al suo governo per affrontare un voto di fiducia”. Berlusconi lo dimentica, ma noi no. E ora giustamente Napolitano rivendica di aver traccheggiato durante la rottura tra il premier e Fini, che passò all’opposizione col suo partitino, terremotando la maggioranza. E ci riporta all’epopea di Razzi e Scilipoti, del pallottoliere di Verdini e del voto cruciale del 14 dicembre di 5 anni fa, quando il Caimano la sfangò per soli tre voti. Berlusconi, che ingrato.

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