Napoli, Dea Buonocore rompe il silenzio: “Io perseguitata su Facebook da false associazioni animaliste”(VIDEO)

L’attivista ambientalista flegrea ha deciso di denunciare una campagna diffamatoria orchestrata da ben 17 anni da noti personaggi interessati a progetti di speculazione edilizia

Aumentano le azioni persecutorie ossessive, le cosiddette Gang Stalking, organizzate sul web e sui social per bersagliare persone con atti ostili, violenze e torture psicologiche e diffamazioni. L’attivista sociale e ambientalista napoletano Dea Buonocore che gestisce un rifugio per cani nel quartiere di Agnano, è oggetto da ben 17 anni di diffamazioni da parte di pseudo associazioni per la difesa degli animali. Associazioni inesistenti sul piano legale, non registrate o personaggi inventati, finti impiegati dell’Ente Protezione Animali presenti su Facebook e Twitter che promuovono strumentali raccolte di firme. Finte associazioni e personaggi che inondano i gruppi Facebook con post e fotomontaggi con il chiaro intento di diffamare e denigrare.

Si sono vittima da 17 anni di persecuzioni via web da parte di persone che in passato hanno lavorato nella mia struttura, hanno iniziato una sorta di guerra prima con mio padre e poi con me, producendo false immagini del rifugio per cani che gestisco, immagini macabre. Inventate. Un rifugio gestito in modo corretto, costantemente controllato dagli organismi di vigilanza dello Stato, in primis dall’Asl – sottolinea Dea Buonocore – Addirittura diffondono immagini di frigoriferi con cani morti come una sorta di scoop. Eppure, i frigoriferi sono obbligatori nei rifugi per conservare un cane morto per consentire ai funzionare dell’Asl di rilevare il microchip dopo il certificato del medico. Tutte invenzioni, false notizie parti integranti di una sorta campagna di persecuzione e diffamazione. che ho provveduto a denunciare in Procura”.

VIDEO-INTERVISTA A DEA BUONOCORE

Video Dea Buonocore

Video 2 Dea Buonocore

Video 2 Dea Buonocore

Una recente sentenza la Cassazione proprio con riguardo allo stalking su Facebook, ha precisato che i messaggi e filmati postati sui social network possono integrare il reato di atti persecutori (comunemente detto «stalking»). Secondo i giudici l’attitudine dannosa della condotta non è tanto quella di costringere la vittima a subire offese o minacce per via telematica, quanto quella di diffondere fra gli utenti della rete dati, veri o falsi, fortemente pregiudizievoli e fonte di inquietudine per la parte offesa.

CiCre

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest