Morsa autoritaria in Turchia, Palazzo Chigi non si fa rispettare e il reporter Del Grande resta in cella

Il reporter, fermato dieci giorni fa durante un controllo dalle autorità turche al confine con la Siria, inizia lo sciopero della fame. Alfano chiede la liberazione ma il governo è incapace di prendere misure drastiche

“Tutti insieme, senza distinzioni, diciamolo chiaro al governo turco #iostocongabriele” twitta Matteo Renzi, il dominus del governo. E’ l’emblema di una classe politica tutta proclami. Ma la realtà è che il giornalista Gabriele Del Grande, arrestato dieci giorni fa in Turchia, è sempre nella cella di un paese in piena morsa autoritaria, dove le restrizioni alla libertà di stampa rievocano i regimi più tenebrosi. E l’Italia non prende drastiche misure per chiederne la liberazione. Il reporter intanto inizia uno sciopero della fame. “Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato” afferma al telefono Gabriele Del Grande. “Inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti – annuncia chiamando la sua compagna e alcuni amici – I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo. La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta”.  Il giornalista italiano è stato fermato durante un controllo dalle autorità turche al confine con la Siria e trattenuto da alcuni giorni in un centro di detenzione amministrativa. Mentre telefonava ha raccontato di essere circondato da quattro poliziotti.

Una delegazione del consolato italiano di Smirne, assieme al legale di Del Grande, si è recata nel centro di detenzione amministrativa di Mugla, sulla costa egea meridionale della Turchia, dove è trattenuto. Ma il presidente della Commissione per i Diritti umani, Luigi Manconi, annuncia che le autorità turche “gli hanno impedito di vederelo”. L’invio di una rappresentanza consolare era stato disposto dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, mentre l’ambasciatore d’Italia ad Ankara, Luigi Mattiolo, ha trasmesso alle autorità turche la richiesta di visita consolare, come previsto dalla Convenzione di Vienna del 1963.

“Ho in fase di lavorazione – dichiara Alfano intervenendo a margine di una tappa del roadshow ‘Italia per le imprese’ in corso a Pescara – un contatto mio personale e diretto con il Governo turco, per fargli capire chiaramente qual è il livello di attenzione del nostro Paese su questa vicenda”.  La Farnesina chiede che il giornalista “sia rimesso in libertà, nel pieno rispetto della legge”. E Istanbul trema, potete giurarci.

 

 

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest