Lavoratori consegne cibo a domicilio, un decreto legge per i loro diritti

Le associazione imprenditoriali continuano a prendere tempo per la firma del contratto facendo irritare il Ministro del Lavoro Luigi di Maio

Le multinazionali del Food Delivery, la consegna a domicilio del cibo, non avrebbero alcuna intenzione di sottoscrivere un sistema di regole per la tutela dei Rider, i lavoratori ciclo fattorini. Un comportamento che avrebbe irritato il ministro del lavoro, Luigi di Maio. Le norme in favore dei lavoratori potrebbero essere varate con un decreto legge.  Riprende così corpo l’ipotesi della prima ora per un intervento di legge poi accantonato in favore di un accordo collettivo da far sottoscrivere a piattaforme digitali, rider e sindacati con cui riconoscere nel contratto di questi lavoratori, che restano comunque non subordinati, una serie di tutele minime, dal salario orario minimo alla copertura Inps e Inail, al Tfr.

E per accelerare una partita già in notevole ritardo rispetto al ruolino di marcia con cui il governo appena insediato volle accendere i riflettori sul “simbolo di una generazione abbandonata”, la task force del ministro Di Maio starebbe verificando l’eventualità di inserire le norme nel passaggio parlamentare del decreto sul reddito di cittadinanza che a breve dovrebbe vedere la luce.

Nessuna decisione operativa al momento quanto un orientamento che si sta rafforzando per l’atteggiamento deludente da parte dei Big del food delivery, Deliveroo, Foodora, Glovo (che ha da poco acquisito Foodora italia) e UberEats che hanno presentato una proposta di regolamentazione lontana dalle esigenze dei rider e sono rimasti freddi nei confronti di quella bozza di accordo collettivo che il ministero aveva confezionato a dicembre.

Così per evitare un buco nell’acqua le tutele potrebbero arrivare per legge: salario orario minimo; divieto di cottimo; maggiorazioni per il lavoro notturno e festivo. Ma anche riconoscimento della copertura previdenziale Inps e Inail e pagamento dell’indennità di fine rapporto.

Nelle norme dovrebbero trovare spazio anche altre voci ‘contrattuali’: il rimborso spese per la manutenzione del mezzo proprio a carico dei datori di lavoro e il divieto di utilizzo di buoni lavoro per remunerare le prestazioni.

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