Manfredi Borsellino alla commemorazione della strage di via D’Amelio: “Lucia sapeva di offese e ostilità da oltre un anno”

PALERMO – Un intervento sobrio, nel rispetto del ruolo istituzionale di funzionario di polizia. A tratti la voce è rotta dalla commozione. E tuttavia, quelle parole cariche di dignità, nel solco di una lezione familiare, sono un atto d’accusa pesantissimo alla politica e ai suoi interessi. Manfredi Borsellino le pronuncia in un intervento fuori programma durante la commemorazione della strage di via D’Amelio, al palazzo di giustizia di Palermo. “Mia sorella  – dice il figlio del magistrato ammazzato dalla mafia – non può parlare. Non vuole per adesso parlare. Non credevo che la figlia più grande di mio padre, Lucia, con cui lui viveva in simbiosi, dopo 23 anni dalla morte di mio padre, dovesse vivere un calvario simile a quello di mio padre. Nella stessa terra”. Nell’aula, alla presenza delle alte cariche dello Stato, risuona il rumore sinistro di un’altra estate dei veleni a Palermo. Come quelle dell’Addaura, del Corvo e delle trattative inconfessabili. Un filo lungo trent’anni, che si riaffaccia nel Crocetta gate, con il caso della presunta frase rivolta dal medico-sodale al governatore sull’assessore Lucia Borsellino, “da fare fuori come il padre”. “Io  – spiega Borsellino – non posso entrare per le mansioni che ricopro nel merito delle indiscrezioni giornalistiche che indipendentemente dalle verifiche sull’attendibilità, avranno turbato tutte le persone dentro e fuori quest’aula. Che non hanno turbato, però, l’interessata, mia sorella Lucia. Che da oltre un anno – Lucia è talmente garbata col mondo intero – era consapevole del clima di ostilità, delle offese che le venivano rivolte solo perché adempiva al proprio dovere. Sono corsi e ricorsi drammatici, considerando chi stiamo commemorando oggi”. Dunque non è quella frase, vera o falsa che sia, ad essere il nodo. Il clima torbido, la cappa soffocante degli interessi opachi, circondano oggi come ieri chi serve le istituzioni con lealtà. “Non sarà la veridicità o l’autenticità di una singola intercettazione telefonica  – spiega Manfredi Borsellino – che consentirà a tutti i siciliani onesti di conoscere lo scenario drammatico in cui mia sorella è stata costretta ad operare in uno dei rami più delicati dell’amministrazione regionale. Lucia ha portato la croce perché voleva la sanità libera e felice. E’ rimasta, fino al 30 giugno, per amore di giustizia”. Terminate queste parole, il figlio del magistrato antimafia ha ricevuto l’abbraccio del presidente Mattarella.

 

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