
Una proposta di legge di Fratelli d’Italia mira ad istituire la polizia militare
L’ombra della polizia militare si sta facendo sempre più presente nel nostro Paese. È questa la denuncia di Pietro Colapietro, segretario generale del Silp Cgil, preoccupato per una proposta di legge presentata dal gruppo di Fratelli d’Italia.
“La proposta in discussione in questi giorni presso la commissione difesa della Camera – spiega Colapietro – rappresenta un tentativo molto discutibile di trasformare i militari coinvolti, ad esempio, nell’operazione Strade Sicure, in polizia militare, conferendo loro poteri permanenti anche per effettuare perquisizioni sui cittadini. Si tratta di un attacco diretto ai valori democratici, allineato con una tendenza sempre più preoccupante verso misure di tipo securitario.”
La proposta suscita particolare allarme perché, come stabilito dalla legge, la sicurezza dovrebbe essere affidata all’ordinamento civile, non a quello militare. L’attribuzione del ruolo di pubblico ufficiale al personale delle Forze armate impiegato in operazioni di controllo del territorio permetterebbe loro di esercitare “il potere di perquisire persone e mezzi”. Questo potere, attualmente, non è previsto dalla legge, che stabilisce chiaramente che la sicurezza pubblica è garantita da un sistema civile, in conformità con i principi della Costituzione.
Negli ultimi tempi, sono stati numerosi i segnali preoccupanti, e questa proposta rappresenta un ulteriore passo verso un rischio concreto di deriva autoritaria: “In un Paese democratico, chi è incaricato della gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica deve essere sempre una figura che fa parte di un’amministrazione civile, come stabilito dalla legge 121/81”, sottolinea il segretario generale del Silp. Colapietro aggiunge che “questo principio è fondamentale per assicurare un sistema di sicurezza che non solo sia efficace, ma anche democratico, orientato a fornire una sicurezza reale, a potenziare ogni iniziativa di prevenzione, a dedicare risorse adeguate nella lotta alla criminalità organizzata, e a garantire a ogni cittadino, soprattutto a quelli più vulnerabili, una sicurezza che sia tangibile e non solo percepita”.
Il governo, tuttavia, sembra procedere in una direzione opposta, osserva Colapietro: “Assistiamo con preoccupazione a misure che sistematicamente vanno in direzione contraria. Decreti legge, proposte legislative che colpiscono il disagio senza affrontarne le cause, l’introduzione di nuove norme penali e l’inasprimento delle sanzioni per quelle esistenti. Nel frattempo, però, vengono indeboliti gli strumenti per contrastare efficacemente il crimine organizzato, che continua a invadere l’economia legale con enormi flussi di denaro derivanti da attività illecite.”
Un esempio di questo è la continua messa in discussione delle intercettazioni telefoniche, che, secondo Colapietro, vengono erroneamente considerate un problema anziché un indispensabile strumento di indagine.
In questo contesto, il segretario del Silp vede anche un attacco costante e diffuso alla magistratura, l’istituzione incaricata di garantire il controllo della legalità. “L’indebolimento della magistratura sposta inevitabilmente, a favore dello Stato, un potere che la Costituzione intende mantenere bilanciato, rendendo così lo Stato più autoritario”, afferma Colapietro.
Secondo il segretario, se da una parte si tenta di minare l’equilibrio dei poteri e la stessa Costituzione, dall’altra si alimenta una paura esagerata, spesso enfatizzando certe notizie a scapito di altre, con lo scopo di manipolare l’opinione pubblica. “Questa strategia non ha altro obiettivo che raccogliere consensi a fini elettorali”, osserva.
In questo quadro, l’assenza di attenzione al fenomeno della criminalità organizzata e il disinteresse del governo verso la questione sono preoccupanti. La criminalità, sempre più pervasiva, scompare dall’agenda politica e ogni scelta si concentra su un modello di sicurezza che non include, non protegge le donne in gravidanza e aumenta il numero di minori in carcere. “Queste scelte sono l’opposto di quanto un Paese democratico e sicuro necessiti”, conclude Colapietro, ribadendo che l’approccio attuale è dannoso per la sicurezza sociale e civile