Chi accetta il lasciapassare verde fa una scelta politica
Nell’Aprile del 2020, quando si andava consolidando la prassi delle limitazioni ai diritti fondamentali della persona e del cittadino, era ormai già chiaro che la gestione italiana della pandemia costituiva un attacco alla nostra cultura democratica. La situazione è poi precipitata con il lancio del primo lasciapassare verde, sette mesi fa, e con la recente aggiunta dei lasciapassare rafforzati. L’Italia non sembra riuscire a venire fuori dal baratro. Anzi, “la Repubblica”, in questi giorni, rilancia e titoleggia nella maniera più turpe: “Ecco le nuove regole che escludono i No-Vax dalla vita sociale”.
Televisioni e giornali, come in questo caso la Repubblica, hanno avuto un ruolo chiave nell’alimentare il vento di odio a supporto della politica discriminatoria del lasciapassare verde di questo governo. Basta risalire ai numeri di Repubblica dell’estate scorsa per averne una visione vertiginosa. Vi erano già titoli ed espressioni di questo genere: “Caccia ai non vaccinati. Sono 17 Milioni”, “L’omertà che frena il tracciamento” (un aperto invito alla delazione di persone sane, perlopiù giovani), “C’è un prezzo da pagare per quel rifiuto” (secondo Tito Boeri e Roberto Perotti era giusto sospendere medici e insegnanti definiti no-vax), “Va previsto pure per gli studenti. Solo così potranno tornare in classe” (Giovanni Maria Flick), per passare per il celeberrimo “No Vax, un invito a morire” (pronunziato dal drago massacratore delle sanità pubbliche italiana e greca) fino a darci dentro con la psichiatrizzazione e ghettizzazione del dissenso “Bisogna essere pazienti con chi ha bisogno di assimilare quello che potrebbe sembrare un trattamento sanitario obbligatorio”, “È interessante che non gli importi granché di convincere noi ma moltissimo di giustificare la propria diserzione”(Elena Stancanelli), “No Vax nelle piazze, un misto tra appelli alla libertà di scelta e complottismo. Alla guida personaggi spesso vicini alla destra”.
In quei giorni, si può ritrovare, tra le pagine dei giornali, anche il presidenziale “Vaccinarsi è un dovere civico e morale” a coprire la notizia della morte di Giuseppe De Donno, coraggioso medico che aveva curato e salvato tante vite dalla Covid, svergognando chi nega irresponsabilmente l’esistenza delle cure. E mentre già era evidente che la terapia genica sperimentale, detta vaccino, non impediva i contagi e, dunque, non giustificava il lasciapassare verde – l’obbligo vaccinale ricattatorio sotto responsabilità del singolo e non dello Stato – qualche ambizioso virologo diceva “Bisogna rendere la vita difficile ai no-vax”. Intanto, la “filantropia” scoppiava gioiosamente in tutto il mondo: “New York, cento dollari a chi si vaccina”. Com’è abbastanza noto, sui social, tra i profili di alcuni influenti giornalisti, si è visto anche di peggio, ma, per decenza, si preferisce non farne qui menzione.
Oltre al costante clima di tensione e di lacerazione sociale provocato da tali prese di posizione, appare evidente il martellante massacro dei diritti sanciti dalla Costituzione. La sospensione dal lavoro per chi sceglie di non vaccinarsi è tra i provvedimenti più vergognosi. Ignazio Silone spiegava bene come un regime totalitario fondi il suo potere sulla sua capacità di ricattare e dividere le persone. Al contrario, la nostra repubblica è fondata sul lavoro e nessun lavoratore può essere ricattato facendo leva sullo stato di bisogno e sulla necessità di procurarsi da vivere.
Ma la spirale di odio per ora non si ferma e non si tratta qui di voler rimestare nel torbido. È, invece, bene ricordare chi ha responsabilità nel tradimento delle Costituzione e nell’avvelenamento della vita civile tra l’approvazione o l’indifferenza di una troppo larga parte di cittadini. Molti di questi, in altri tempi, si dicevano disposti a lanciarsi nel fuoco per la Costituzione e per i diritti garantiti dalla Carta. Tali “cavalieri senza macchia” sono stati, invece, pronti ad appoggiare il governo Draghi (con la sua maggioranza includente la Lega di Salvini) e ad accomodarsi sul carro delle restrizioni e del lasciapassare fascista addicendo di fascismo coloro che semplicemente vi si oppongono.
Questa pronta adesione alle scelte del governo (da parte di tanti che continuano a definirsi persone di “sinistra”), è avvenuta senza che mai siano state messe a fuoco, nel dibattito pubblico, delle domande fondamentali.
Dopo due anni di restrizioni e misure dalla assai dubbia efficacia sanitaria, ma dal sicuro danno sul piano sociale e politico, si può capire quanti sono coloro che sono morti direttamente a causa della Covid? Si può capire chi rischia davvero di morire e a quale età, e chi, invece, guarisce dopo una settimana a letto? Le cure esistono? Se sì e se sono efficaci, come dimostrato da migliaia di medici e pazienti curati, perché il governo ancora non promuove questa soluzione insieme a quella dei vaccini? Quali sono i limiti numerici oltre i quali vi è davvero un’emergenza per ospedali e terapie intensive? E perché, nel frattempo, si continua a tagliare la sanità pubblica? Come può accadere che dopo una così massiccia campagna di vaccinazione, fino a due o tre dosi con drastica diminuzione dei cosiddetti no-vax, i contagi siano maggiori che nello stesso periodo dell’anno scorso?
Nonostante, sul piano scientifico, il dibattito sia vivo e non vi sia affatto consenso unanime sull’efficacia delle misure restrittive e dei vaccini come soluzione unica al problema, un confronto su queste semplici domande non ha mai veramente raggiunto il dibattito politico. Abbondano, invece, le campagne mediatiche di odio, le misure restrittive (che vanno sempre più riducendosi nel resto del mondo) se non proprio discriminatorie come il lasciapassare verde.
Mai come in questi giorni, la contraddizione emerge chiara quando il “sinistro” Bersani dichiara che i famigerati (e sempre meno no-vax) non devono togliere il posto ad altre persone negli ospedali (in caso di assenza di posti letto, bisogna stilare una classifica, secondo lui). Lo dice senza vergogna, dopo che il suo partito, al potere quasi ininterrottamente da 10 anni (non dimentichiamo certo Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e anche il Conte prepandemico), ha tagliato massicciamente la sanità pubblica (per 37 miliardi) per fare contenta l’Europa delle banche. Coerentemente allineato al drago massacratore, ora persegue la politica del lasciapassare verde e vuole imporre il principio anticostituzionale che l’accesso alle cure sia garantito a coloro che obbediscono a chi comanda. Chi non obbedisce, anche se paga le tasse, non ha diritto alle cure, altro che articolo 32 della Costituzione. Chi dissente, chi fa scelte diverse, può restare senza cure, senza lavoro, escluso dalla vita sociale, con tutte le immaginabili conseguenze più nefaste.
La furiosa ricerca del capro espiatorio è stata una logica conseguenza di questa politica di odio e discriminazione, necessaria a nascondere il fallimento della gestione tutta italiana della pandemia. Tra i grandi protagonisti di questo fallimento (Italia al quinto posto al mondo per numero di contagiati), non possiamo dimenticare il ministro Speranza che, non solo ha negato le cure alla Covid, ma, con la sua gestione di questa emergenza, è stato, di fatto, incapace di garantire a tantissime persone l’accesso alle cure per malattie molto più gravi. Ecco, dopo due anni così disastrosi, egli è ancora pronto ad additare in pubblico i famigerati no-vax, tra cui vi sono persone che, semplicemente, dopo un’attenta valutazione della loro condizione di salute, scelgono di curarsi come meglio credono mettendo, al massimo, a rischio se stessi.
Mai come ora, dovrebbe essere chiaro che questa pandemia, inverosimilmente lunga e ormai alle soglie del traguardo dei due anni, nasconde il disastro socio-economico di un Paese che ha raggiunto un tasso di disoccupazione del 9,2% (Eurostat), terzo in Europa dietro Grecia e Spagna, e con 11 milioni di persone a rischio povertà (Centro Studi Unimpresa). In queste condizioni, pare evidente che l’elezione del Presidente della Repubblica dovrà stabilire chi sarà il garante delle banche in caso di bancarotta nazionale. Per ora, il governo è affidato al drago massacratore, incaricato dall’alto di mettere sotto al tappeto gli effetti nefasti di decenni di tagli sconsiderati alla sanità, alla ricerca e al sistema educativo. Tagli che continua ad imporre e che senza lo scenario pandemico, presumibilmente, avrebbero scatenato rivolte ovunque.
Fare leva sulla paura e sul capro espiatorio di turno come strategia per conservare il potere in momenti di crisi e prevenire conflitti sociali è una strategia, da sempre, ben consolidata. Di recente, a turno, l’azione si è diretta una volta contro i neri e i barconi o contro gli islamici e i cinesi; con la crisi del 2007, è stata la volta dei lavoratori e della classe media che avevano vissuto troppo al di sopra delle loro possibilità; nel 2014, si parlava dei greci che vivevano a sbafo dell’Europa e, ora, tocca agli ormai celebri e sempre meno numerosi no-vax.
La diffusione continua di un certo tipo di linguaggio, come quello ricordato all’inizio di questo articolo e sulla base di biennali ritornelli quali “Siamo in guerra” et similia, lasciano ben intendere che tale politica, insieme alla sua propaganda di supporto, fa parte di una rozza cultura di destra, militaresca e fascistoide, che viene, però, fatta propria dai presunti partiti di sinistra al governo. O forse dovremmo dire, più concretamente, le forze economiche e sociali dominanti trovano più utile, ai fini del consenso, utilizzare figure e forze politiche di sinistra (o presunta tale) per imporre alla classe lavoratrice le misure e le trasformazioni più congeniali al tipo di ordine che, di volta in volta, è necessario alla conservazione del loro potere. Un ordine che, ovviamente, viene proclamato in nome di un interesse “superiore”.
Il risultato di questa politica di ormai perenne emergenza, improntata all’odio sulla base di orientamenti e opinioni politiche, è l’esclusione dalla vita sociale, il ricatto sul lavoro tramite il lasciapassare verde, la discriminazione.
Dalle poche voci fuori dal coro, sono emerse altre domande che non hanno mai trovato risposta: “Che cosa diventa un paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe?” (Giorgio Agamben).
Chiunque riesca a rendersi conto della pericolosità incivile e antidemocratica di questa ondata di odio e discriminazione, non può non individuare nel lasciapassare verde la radice di questo male, frutto di scelte sbagliate, inefficaci e strumentali. Occorre definitivamente prendere atto che dai banchi del governo e dalle redazioni delle principali testate giornalistiche si promuove, in forma di legge (seppure anticostituzionale) e titoloni, l’odio e la discriminazione contro quelle che sono scelte legittime.
È il momento di contrastare con forza chi sta avvelenando il pozzo della vita civile e sociale e le sue leggi criminali. C’è bisogno di un grande esercizio di critica e resistenza nei confronti di un governo che si afferma con la forza silenziando il Parlamento e la normale prassi della democrazia.
Non c’è più tempo per gli indecisi, gli indifferenti, o per coloro che, superficialmente, non hanno sentito il bisogno di approfondire un dibattito scientifico che non è affatto unanime: occorre interrogarsi su questi problemi per capire da che parte si vuole stare.
Chi continua a ritenere valida la narrazione terroristica ufficiale (coronavirus = morte certa per tutti) e, in base a questa, accetta la barbarie del lasciapassare verde, fa una scelta politica di accettazione di un nuovo regime autoritario, discriminatorio e contrario ai più elementari diritti civili e del lavoro. In questo, di sanitario e di scientifico non c’è nulla.
Antonio Polichetti