Ex Ilva, ambiente svenduto: oltre 3 anni di carcere a Nichi Vendola

22 anni a Fabio e 20 a Nicola Riva, gli ex padroni. Confiscati gli impianti dell’area a caldo

Tre anni e mezzo di carcere. E’ quanto inflitto all’ex governatore della regione Puglia, Nichi Vendola, nell’ambito del processo ‘Ambiente Svenduto‘, dalla Corte di Assise di Taranto sul presunto disastro ambientale causato dall’acciaieria sotto la gestione della famiglia Riva.


L’ex governatore è accusato di concussione aggravata in concorso. Avrebbe, secondo gli inquirenti, fatto pressione su Giorgio Assennato, all’epoca dei fatti direttore generale dell’Arpa Puglia, affinchè la posizione dell’Agenzia fosse più “morbida” sulle emissioni in ambiente derivanti dai processi di lavorazione dell’Ilva.

Ventidue anni sono stati inflitti a Fabio Riva e 20 a Nicola Riva. I Riva sono stati condannati per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Tre anni sono stati inflitti all’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, accusato di tentata concussione. Pene pesanti, per il disastro ambientale, sono state inflitte anche all’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, 21 anni e 6 mesi, e all’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, a cui sono stati inflitti 21 anni.

I giudici hanno anche disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto. 

Presenti alla lettura della sentenza i rappresentanti del movimento Tamburi Combattenti e delle associazioni che aderiscono al Comitato per la Salute e per l’Ambiente, tra cui Peacelink, Comitato Quartiere Tamburi, Donne e Futuro per Taranto Libera, Genitori Tarantini, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto.

Quella sentenza è il frutto di una lunga lotta a cui abbiamo dato il via nel febbraio 2008 – scrive Alessandro Marescotti di  Peacelink – portando in un laboratorio specializzato un pezzo di pecorino contaminato dalla diossina. Il latte di quel formaggio proveniva da pecore e capre che avevano brucato nei pascoli attorno all’Ilva. Avevamo letto su un giornale che, attorno allo stabilimento, pascolava un gregge. La cosa ci incuriosì. Ci mettemmo alla ricerca del pastore. Una nostra ecosentinella, Piero Mottolese, lo incontrò. Non stava bene. Quel pastore morirà di cancro dopo non molto”. Marescotti conclude: “Oggi è una grande liberazione. I ficcanaso impiccioni, quelli che venivano chiamati “gli allarmisti”, avevano ragione”.

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