Riceviamo e pubblichiamo integralmente
Di fronte alle difficoltà di gestione della pandemia, si diffondono, in Italia come in altri paesi, posizioni che indicano la vaccinazione di massa, sostanzialmente per tutte le età, come unica soluzione.
Tutto ciò determina una pericolosa estremizzazione delle posizioni, per cui l’unica alternativa sembra essere quella, che noi rifiutiamo, fra “sì vax” e “no vax”, come se si trattasse dello scontro fra due “integralismi”.
Viviamo in un clima in cui tutti i media hanno messo e mettono quotidianamente come prime notizie quelle relative al Covid, senza peraltro garantire un dibattito plurale.
Il linguaggio militare ha preso il sopravvento, come se ci trovassimo dentro una guerra contro un nemico invisibile, che può utilizzare ogni altro essere umano come “untore” per diffondersi.
Noi, invece, pensiamo che occorra continuare a interrogarsi per capire ciò che sta avvenendo e che le evidenti difficoltà che attraversiamo non devono tradursi in proposte che limitano diritti e libertà, in nome di un supposto principio superiore di autorità (e non solo su questo tema), peraltro, confortati, dalla Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa n. 2361/2021 secondo cui “i cittadini devono essere informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sotto pressione per vaccinarsi, se non lo desidera; nessuno deve essere discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato”.
Ci preoccupa, in particolare, che, nella patria di Beccaria, secondo “autorevoli” commentatori, chi decidesse di non vaccinarsi e dovesse contrarre la malattia, non dovrebbe avere diritto alla cura. Come se il diritto alla cura dipendesse dai comportamenti dell’ammalato; in un mondo del genere che fine farebbero tabagisti e alcolisti?
Pensiamo che siano stati fatti errori sui quali non si è aperta nessuna riflessione, con una gestione dell’emergenza che non ha puntato sui diritti e sulla consapevolezza dei cittadini per affrontare la pandemia. Come ha rilevato il costituzionalista Michele Ainis, nel marzo del 2020, “è evidente che il ricorso massiccio ai DPCM come strumento normativo qualche problema lo crea perché il DPCM è un atto di normazione secondaria, non è un atto che ha la stessa forza della legge”.
Ancora: se all’inizio, vista l’assenza colpevole e generalizzata di piani “antipandemia” (negli ospedali mancavano persino guanti e mascherine), è stato “naturale” procedere per tentativi, dopo la fine del primo lockdown le cose sarebbero dovute andare diversamente. Così non è stato, nonostante che nel periodo maggio/luglio 2020 il numero dei morti e degli ospedalizzati fosse addirittura inferiore a quello dello stesso periodo del 2021 e che, quindi, ci sarebbe stato tutto il tempo per riorganizzarsi in vista dell’inverno, e della presumibile ripresa del contagio.
Un fatto che non ci stupisce, visto il progressivo smantellamento della sanità pubblica, la standardizzazione delle cure (si guarda esclusivamente al “paziente”, non alla complessità e unicità di ogni soggetto) e il totale disinteresse verso la prevenzione, cui viene destinato solo il 5% delle risorse stanziate per la salute. Infatti come scrive Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri: “la prevenzione è in conflitto di interesse con il grande mercato della medicina. Difficilmente lo Stato farà un’importante campagna contro il fumo, finché incassa 13 miliardi di euro l’anno di tasse sul tabacco”.
Parimenti ci preoccupa che riflessioni scientifiche importanti non abbiano contribuito a diversificare le strategie. La dott.ssa Viola, immunologa dell’Università di Padova, ad esempio, ha affermato che il virus “solo a una piccola parte causa una malattia severa. Una volta che noi avremo portato avanti la vaccinazione, vaccinato la larga parte della popolazione, soprattutto quella over 55-60 più tutti i pazienti fragili, noi davvero saremo fuori dal tunnel e non sarà necessario pensare a un’immunità di gregge che, matematicamente non è raggiungibile”.
Ci chiediamo perché, a fronte di ingenti investimenti statali per la ricerca sui vaccini (prodotti da quelle case farmaceutiche che neanche di fronte a una pandemia mondiale hanno rinunciato alla proprietà dei brevetti), il medesimo sforzo non sia stato profuso per individuare cure più efficaci per affrontare e superare la malattia; perché si è di fatto rinunciato alle terapie domiciliari lasciando come unica indicazione tachipirina e vigile attesa.
La vaccinazione non può essere individuata come l’unica soluzione possibile; viviamo in un mondo globale e nessuno può realisticamente pensare di vaccinare in un periodo di tempo limitato, come dovrebbe essere per ottenere risultati positivi (4/6 mesi), la stragrande maggioranza della popolazione. Ricordiamo, peraltro, che ancora siamo in una fase di sperimentazione dei vaccini che si concluderà nel 2023; conseguentemente, non si sa per quanto tempo duri l’effetto, e se, essendo vaccinati, non si possano contagiare altre persone, né si conoscono eventuali problematiche che potranno svilupparsi nel tempo.
Quindi, sì all’uso dei dispositivi, tamponi gratuiti per tutti, sanificazioni, ecc., che devono riguardare vaccinati e non. Magari evitando “assembramenti”, ampiamente tollerati (dato che in questi casi i “rigoristi” scompaiono), come quelli avvenuti in occasione degli europei di calcio.
Ribadiamo che la pandemia debba essere affrontata garantendo:
• sostanziosi investimenti (più strutture e personale) per la medicina territoriale e di prossimità, per la prevenzione e la cura;
• la libertà di vaccinarsi o no a tutti, rifiutando i ricatti alla Macron;
• tempestività e diversificazione degli interventi terapeutici anti-Covid19 sulla base delle varie situazioni personali;
• tamponi gratuiti a tutti al fine di evitare discriminazioni economiche tra chi è vaccinato e chi non lo è.
E per questi motivi riteniamo, infine, che la sicurezza nelle scuole vada garantita:
• eliminando le classi pollaio e assumendo nuovo personale;
• riorganizzando il trasporto pubblico;
• dotando gli ambienti dei dispositivi necessari (anche dei sanificatori);
• stimolando comportamenti corretti e non obbligando personale e alunni a vaccinarsi, come vorrebbe fare, ad esempio, il presidente della Regione Sicilia Musumeci. Su quest’ultimo punto, invitiamo tutti (vaccinati e non) a praticare l’obiezione di coscienza rifiutandosi di dichiarare il proprio stato.
Coordinamento regionale siciliano dei Cobas Scuola