Il blog di Beppe Grillo: ” Se nel Pd si applicasse lo stesso nostro Codice, non resterebbe quasi più nessuno”. Il direttore del Tg La7: “Hanno rettificato, non querelo più”
“Il codice di comportamento del Movimento 5 Stelle (votato ieri dalla stragrande maggioranza degli iscritti) rappresenta una svolta garantista? Falso. E’ un’altra bufala di giornali e tv”. Dal blog di Beppe Grillo, il M5S va di nuovo all’attacco dei media, all’indomani dell’approvazione del codice etico. “Il MoVimento 5 Stelle – si legge – garantisce ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta. Non aspettiamo il terzo grado di giudizio. Nel MoVimento 5 Stelle già al primo grado si prevede l’espulsione. Se nel Pd si applicasse lo stesso nostro Codice, non resterebbe quasi più nessuno. Perché non lo fanno? Perché – prosegue il post – dovrebbero mettere fuori Renato Soru, condannato per evasione fiscale, che invece siede ancora in Parlamento Europeo tra i banchi del Pd. Noi gli avremmo anche chiesto di dimettersi e fare spazio a un altro portavoce. Stessa sorte per Marco Di Stefano, deputato Pd che nessun giornale ha sbattutto in prima pagina e su cui nessun tg ha fatto mezzo servizio, ma che è stato rinviato a giudizio nel mese di aprile del 2016 con le accuse di abuso d’ufficio, truffa e falsità ideologica nel silenzio generale”.
“Da noi, a differenza del Pd – afferma il blog – non c’è spazio per personaggi condannati o anche solo indagati per reati gravi come associazione a delinquere, corruzione, concussione, voto di scambio politico mafioso, truffa, turbativa d’asta, reati gravi contro la PA, ecc. I nostri eletti che hanno una condotta o un comportamento politico o sociale riprovevole ed eticamente censurabile, a prescindere dall’esito di un procedimento penale, vengono sanzionati e nei casi più gravi cacciati. Per esempio – aggiunge il M5S – De Luca, dopo l’oscena pagliacciata delle fritture di pesce in cambio di voti al referendum costituzionale, non sarebbe durato mezza giornata di più. Nel Pd invece vige lo slogan della famosa parodia di Guzzanti degli spot della Casa delle libertà: ‘Facciamo un po’ come cazzo ci pare” e della Costituzione vogliono rispettare solo le parti che interessano loro. La Costituzione sancisce il principio fondamentale della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva ma pretende, anche, che il cittadino eletto adempia ai propri doveri con disciplina, onore e osservanza delle leggi”.
“L’incarico pubblico ricoperto dai nostri eletti – sostiene il Movimento – deve perseguire solo l’interesse collettivo e dello Stato. Il vincolo di rappresentanza popolare e le regole di comportamento degli eletti del MoVimento 5 Stelle non devono essere viziati da condotte lesive dei doveri e principi di fedeltà sanciti dalla Costituzione ed in particolare dall’articolo 54. I partiti politici, in particolare il Pd, attraverso i propri eletti e amministratori, hanno violentato a più riprese questi principi minimi di dignità. Hanno consentito, con l’ipocrisia dell’attesa del terzo grado di giudizio, che esponenti condannati, prescritti, indagati o coinvolti in inchieste giudiziarie per reati gravi, mantenessero immacolati la carica e l’esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte, alimentando corruzione e criminalità. Se un partito non è in grado di preservare la legalità al proprio interno e tra i propri eletti, non può essere in grado di rappresentare le istituzioni e i cittadini. Le regole vanno previste e soprattutto fatte rispettare. Il MoVimento 5 Stelle è l’unico che lo fa, una Garanzia per i cittadini che ci sostengono”.
PACE FATTA CON MENTANA – Nel post a firma Movimento 5 stelle c’è un post scriptum che riguarda il preannuncio di una querela di Enrico Mentana, per l’attacco sferrato da Beppe Grillo ai media, con un collage comparso sul blog che includeva, tra tutti i tg, anche quello de La7. “Ieri Mentana si è risentito – afferma il post – per il fatto che il logo del suo Tg fosse presente nell’immagine del post che denunciava le bufale dei media italiani. Non se la prenda direttore, è stato fatto per “par condicio” per non far sfigurare troppo i suoi colleghi. E inoltre si trattava di una denuncia politica per criticare il sistema mediatico nel suo complesso. Le auguriamo di continuare a fare informazione che sia rispettosa della verità e dei cittadini ancora a lungo”.
Su Facebook, Mentana prende atto delle parole del blog e annuncia che non procederà per vie legali. “So che gli amanti del sangue social vorrebbero che lo scontro andasse avanti fino alle estreme conseguenze – scrive il direttore del Tg La7 – e del resto su Twitter sta proseguendo nei miei confronti il trattamento che potrete verificare, da parte di tanti pasdaran che forse non aspettavano altro. Ma la rettifica (chiamiamola così) del m5s fa obiettivamente venir meno gli estremi per un passo giudiziario. Mi sono mosso per difendere la reputazione del tg che dirigo da un’accusa grossolana e infamante per qualunque testata, e sicuramente del tutto fuori luogo per il Tgla7. Non me ne frega niente di “fare il fenomeno”. Il mio campo è quello della libera e corretta informazione, non quello delle gare tra forzuti della politica o del web. Anche in queste 24 ore – spiega – ho avuto a cuore che le notizie politiche del mio tg fossero sine ira et studio nei confronti di tutti, come è sempre stato. So che si scriverà che Grillo ha avuto paura della querela, che io ho avuto paura di perdere i telespettatori grillini, etc. Chissene, per quel che mi riguarda”. Mentana aggiunge che “resta un giudizio da parte mia duramente critico per l’idea delle giurie popolari: ai più ilari ricordano il festival di Sanremo, ai più preoccupati la Cina della Rivoluzione Culturale. Per me – afferma il giornalista – è solo un’idea sballata, concettualmente e fattualmente: anche il m5s ha scelto uomini suoi, e non, quando si è trattato di indicare la guida della commissione parlamentare di vigilanza o un consigliere di amministrazione Rai, seguendo criteri di competenza. Nessuno ha diritto a essere legibus solutus, ma gli organismi di garanzia non possono mai essere tribunali del popolo. Comunque, viva il libero confronto senza anatemi e liste di proscrizione”.
“Un ultimo pensiero – scrive Mentana – per i dettaglianti del veleno via web: la tonnellata di tweet infamanti (nelle intenzioni) sono riusciti a isolare, al di là degli insulti a prescindere, solo tre gravi macchie. Il 77esimo posto dell’Italia, la cui responsabilità grava evidentemente sulle mie spalle. Un vecchio tweet di Enrico Letta, che avrei avuto l’incoerenza di non querelare. E il fatto che il primo dei miei quattro figli (29 anni) è iscritto al Pd. Prove schiaccianti, direi. Come simulazione di giuria popolare poteva andare peggio”.