Chicago, in migliaia contestano la convention del partito democratico: “La guerra a Gaza è il Vietnam della nostra generazione. L’America deve smettere di essere complice di Israele”

I manifestanti solidali con la resistenza palestinese: “Nessun cessate il fuoco, nessun voto. Nessun embargo delle armi, nessun voto”

Migliaia di manifestanti solidali con la resistenza palestinese stanno invadendo Chicago dove è in corso la convention del partito democratico. Il loro messaggio è chiaro: a Gaza serve un cessate il fuoco e l’America deve smetterla di essere complice di Israele nel genocidio dei palestinesi. A rischio ci sono “i nostri voti e quindi la vostra vittoria”.

Una convention democratica blindata, militarizzata, schierati 12 mila agenti e 250 agenti della guardia nazionali pronti ad intervenire e a manganellare i manifestanti.

La guerra a Gaza è il Vietnam della nostra generazione” – sottolinea Hatem Abudayyeh, principale organizzatore della March on the Dnc a Chicago, la marcia contro il Pd statunitense, creando un legame ideale e politoco tra le proteste di oggi e quelle di 56 anni fa, durante la convention dem del 1968.  

La marcia sfila dall’Union Park di Chicago verso l’United Center, il centro congressi dove si svolge la retorica congressuale democratica. Dure le parole verso i democratici accusati di essere “complici” di un “genocidio”, definendo così le azioni degli israeliani a Gaza.  “Tutti i principali democratici sono complici”, aggiunge Abudayyeh – Sono responsabili, non confondetevi, Joe Biden potrebbe fermare subito il flusso dei soldi”, ha aggiunto riferendosi agli aiuti militari Usa ad Israele. 


A Union Park, a pochi passi dallo United Center che ospita la convention, sventolano bandiere palestinesi e sul palco allestito per l’occasione si alternano speaker che chiedono la fine delle ostilità, attaccano l’amministrazione Biden-Harris e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, un ‘criminale di guerra’.

Nessun cessate il fuoco, nessun voto. Nessun embargo delle armi, nessun voto”, dicono cercando di far leva sulle divisioni all’interno del partito democratico, con i progressisti -Bernie Sanders in testa – che hanno posizione ben più dure dell’amministrazione su Gaza.

Harris non appoggia un embargo delle armi per Israele – non è contenuto neanche nella piattaforma dei democratici nonostante la pressione dei delegati della cosiddetta sinistra Pd. Mentre da Union Park si alzano le voci e gli slogan di protesta dei giovani americani contro il sistema che consente il “genocidio a Gaza”, a Little Palestine – area a pochi chilometri da Chicago dove risiede la maggiore popolazione palestinese degli Stati Uniti – la rabbia è palpabile anche senza striscioni e canti.


Non avranno il nostro voto. Non sono i benvenuti qui”, è il loro messaggio. Ricordando il loro duro lavoro svolto da molti di loro nel 2020 per far eleggere Joe Biden, si sentono traditi dall’amministrazione e alle elezioni faranno sentire la loro protesta. Non voteranno, anche se questo potrebbe costare la vittoria di Donald Trump.


La narrativa è quella di uno scontro religioso, ma non è nulla del genere: quello a cui assistiamo è un conflitto politico. Il sionismo non ha nulla a che fare con l’ebraismo, è solo dannoso per la popolazione”, dice il 52enne Nakum Yudah, ebreo ortodosso arrivato dall’Indiana e scappato dalla Palestina pochi mesi fa. “Ho visto molta brutalità. Molti miei amici ebrei sono finiti in carcere senza motivo. Io sono riuscito a fuggire”, racconta ancora. Yudah fa aperta della NkUsa, associazione di ebrei ortodossi che si oppone al sionismo e deplora la persecuzione dei palestinesi.

CiCre



Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest