Camorra, confiscati beni per 38 milioni al clan Mallardo

Destinatari del provvedimento i fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, ritenuti interni al clan camorristo Mallardo, Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell’Aquila

La confisca di secondo grado, sancita dalla Corte di Appello di Roma, Sezione Quarta Penale, costituisce l’ultimo capitolo, salvo ricorsi in Cassazione, in alcuni casi già proposti, di un percorso giudiziario che ha visto il Tribunale di Latina, nel giugno 2013, il sequestro di prevenzione e, nel giugno 2014, la confisca di primo grado, sui medesimi beni, a seguito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, e del Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata). Beni mobili, immobili ed aziende, per un valore complessivo di oltre 38,1 milioni di euro, sono stati confiscati dai finanzieri del Comando provinciale di Roma ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, ritenuti interni al clan camorristo Mallardo, Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell’Aquila, per conto del quale “avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio”.

I fratelli Dell’Aquila, imprenditori, secondo gli inquirenti hanno nel giro di pochi anni accresciuto in modo esponenziale la propria forza economica “attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del clan di camorra Mallardo. L’attività del clan sarebbe stata orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, al controllo, attraverso partecipazioni finanziarie o estorsioni, delle attività economiche di rilievo, dall’edilizia, agli appalti pubblici, fino al commercio.In tal senso, emblematica è la definizione dell”impresa camorrista’ resa da un pentito rispetto al modo di fare affari del clan Mallardo: “non impone il pizzo estorsivo, ma gli esponenti di rilievo di tale organizzazione camorristica entrano ‘di fatto’ in società con gli imprenditori, di modo che questi ultimi diano una parvenza di liceità all’attività economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni, riuscendo, contestualmente, a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività delittuose”.

Il provvedimento della Corte di Appello di Roma ha ribadito la solidità dell’impianto accusatorio formulato dalla Dda di Roma, sia per quanto concerne la pericolosità sociale dei Dell’Aquila, ai quali è stata confermata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di loro residenza (con la riduzione della durata da 5 ad 1 anno, in favore del solo Vittorio Emanuele) sia la sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario a loro riconducibile e la rispettiva situazione reddituale, ordinando la confisca di tutti i beni individuati: patrimonio aziendale e relativi beni di 11 società, con sede nella provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna, di cui 3 operanti nel settore delle costruzioni di edifici, 1 nel commercio di porcellana, 2 nel commercio di autoveicoli, 2 nel settore dell’intermediazione immobiliare e 3 nel settore alberghiero e della ristorazione; quote societarie di ulteriori 2 società, con sede nella provincia di Napoli e Bologna, operanti nel settore della costruzione di edifici; 68 unità immobiliari (site nella provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna); 19 auto/motoveicoli; 15 rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni; per un valore complessivo di stima dei beni sottoposti a confisca pari a 38.183.094 euro

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